Oh my soul
let me be in you now
look out through my eyes
look out at the things you made
all things shining...
The Thin Red Line (1998)
Un nero assoluto si apre sullo schermo, di fronte agli occhi dello spettatore, accompagnato da lievi accenni di una musica ancora difforme. Poi di colpo, in questa situazione di stasi apparentemente infinita, irrompono forme di materia primordiale, tuoni si perdono in un universo lontano. Compaiono strutture nebulose, i primordi di galassie dimenticate. La musica di sottofondo si riordina, si tramuta nel pezzo Lacrimosa di Zbigniew Preisner (storico collaboratore anche di Kieślowski).
Poi una serie di esplosioni dissolvono tutto, la musica si interrompe. Il divenire delle cose segue il suo corso, creando, distruggendo e creando nuovamente. Ci troviamo in un pianeta, il nostro, agli albori dell’esistenza. La natura selvaggia è padrona, ma non sembra ancora aver inglobato in se la “grazia”. Fiumi, rocce, montagne, oppure organismi unicellulari si muovono in ogni direzione. C’è vita minerale, vegetale, animale; arrivano i dinosauri, ma si estinguono presto, in seguito alla caduta di un meteorite. Lo schermo è riempito dal rosso vivo dei vulcani.
Poi arriva l’uomo. Che sia lui il custode della “grazia” e della bellezza ?
Questa è la lunga sequenza “cosmica” del film monumento di Terrence Malick The Tree of Life, uscito nel 2011 e vincitore della Palma d’oro al festival di Cannes. Questo il modo in cui il regista texano vede e racconta la nascita di ogni cosa.
Il dizionario Treccani propone la seguente definizione del termine “cosmo”:
còsmo s. m. [dal gr. κόσμος, propr. “ordine”, e “mondo, universo” in quanto ordine universale]. – L’intero Universo, ivi compresa la Terra, considerato un tutto armonico e ordinato; nella concezione degli antichi Greci, l’Universo fisico ordinato, contrapposto al disordine del caos. Nel cinema di Terrence Malick il concetto di Cosmo si forma proprio a partire dal caos primordiale e nelle sue storie talvolta il disordine ritorna alla fine, devastando le vite dei personaggi raccontati.
Da questo punto di vista la concezione di ordine e armonia malickiana è profondamente diversa da quella di altri cineasti che hanno fissato la loro dimora intelettuale in mezzo agli astri.
Si pensi ad esempio a Kubrick con 2001: A Space Odyssey (2001: Odissea nello spazio, 1968) e al Ridley Scott del primo Alien (1979). In entrambi i casi lo spazio profondo nasconde il disordine che alberga dentro di noi e che si tramuta o nell’alieno xenomorfo (terribile e insondabile) o nel portale delle stelle kubrickiano, dove viene proiettato l’astronauta e in cui viene scardinato l’ordine glaciale che fino a quel punto aveva dominato il film. Le forme e i colori diventano astratti e imprevedibili ed entrano in contrasto con gli interni delle astronavi, costruiti secondo uno stile futurista algido.
Nel cinema di Malick, e in particolare in film come The Tree of Life