“La guerra è il capitale politico di Putin”. Intervista a Irina Ščerbakova

Nonostante la sua devastante strategia nella guerra in Ucraina, e gli oltre 300 mila soldati russi sinora caduti nella cosiddetta “operazione speciale”, in Russia il potere di Vladimir Putin non accenna a vacillare. L’autocrate del Cremlino, in carica ormai da quasi 25 anni, non ha esitato a ricandidarsi ufficialmente anche per le prossime elezioni presidenziali a marzo. Su cosa si regge tanta forza? E ha un senso sperare oggi, dopo due anni di prolungati massacri in Ucraina, in trattative di pace con Putin? Alcune domande per Irina Ščerbakova, cofondatrice di Memorial Internazionale.
Irina Ščerbakova

Irina Ščerbakova è una storica e germanista russa. Cofondatrice dell’organizzazione internazionale per i diritti umani Memorial, che ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 2022, dopo la chiusura e la messa fuori legge delle attività di Memorial da parte di Putin si è rifugiata in Germania, e dal 2023 vive e lavora a Berlino, dove l’abbiamo incontrata per questa intervista.

Con l’inverno, come era prevedibile, stanno aumentando gli attacchi russi nella regione del Donbass e sulle città in Ucraina. Abbiamo ormai raggiunto un punto critico nel conflitto?

Irina Ščerbakova: No, non credo. Certo, gli attacchi stanno ora aumentando in alcuni luoghi, in particolare nella regione e in alcune città strategiche del Donbas. Ma non ho affatto l’impressione che ci sarà a breve un’inversione di tendenza decisiva nel conflitto in corso. Al contrario, il maltempo e il duro inverno sono fattori che in genere impediscono le azioni di guerra. Credo dunque che nelle prossime settimane ci avvicineremo piuttosto a qualcosa di simile a un congelamento del conflitto.

Andriy Yermak, il capo dell’ufficio presidenziale ucraino, ha detto che il 2024 sarà l’anno decisivo per decidere le sorti della guerra. Nutre anche lei questa speranza?

Io spero che sia così come sostiene Yermak. Ma tutto ovviamente dipende da quanto l’Ucraina sia ancora stabile nella sua resistenza all’attacco russo e soprattutto da quanto potenziale militare abbia a disposizione. Nel frattempo infatti è chiaro a tutti che Putin può ancora contare su diverse risorse, sia economiche sia umane, per continuare questa sua guerra. Credo quindi che tutto dipenda dal sostegno militare che l’Occidente sarà ancora in grado di offrire nei mesi prossimi all’Ucraina. E in particolare dal ruolo davvero decisivo nel conflitto che l’aviazione potrebbe avere per le sorti dell’Ucraina.

Intanto, in questa situazione di conflitto prolungato o congelato, come lo definisce lei, pensa che dei negoziati di pace con il leader del Cremlino siano ancora possibili, o in certo senso auspi…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.