Cittadinanza in vendita

Tutti gli Stati sono sovrani ma alcuni sono più sovrani di altri. E quindi la loro cittadinanza e il loro passaporto valgono di più. Questo ha dato origine al fenomeno della compravendita della cittadinanza, iniziato nei microstati caraibici per diffondersi via via in altri Paesi.

Aux armes citoyens! È il primo verso della Marsigliese, inno nazionale francese adottato dalla Convenzione rivoluzionaria nel 1795. Non più servi della gleba, non più sudditi, non più vassalli, ma cittadini. Cittadino: una categoria politica che era scomparsa con la fine del mondo antico (cives romanus sum) e che riassumeva in sé i diritti conquistati dalla Rivoluzione, in primo luogo l’uguaglianza reciproca di ogni membro dello Stato. La cittadinanza era dunque un insieme di diritti corredato di un insieme di doveri che legavano i membri di quella “comunità immaginata” che era lo “Stato-nazione”. Un insieme di diritti che nel corso del tempo si è arricchito (diritto all’istruzione, diritto alla salute, diritto al lavoro…)  mentre aumentavano anche i doveri (servizio di leva, obbligo di partecipare alle giurie popolari, imposizioni fiscali…). Ecco perché i diritti di cittadinanza sono così diversi dai diritti umani che non sanciscono l’uguaglianza di chi ne gode, ma solo l’umanità. I diritti di cittadinanza puntano a riempire di contenuti quell’uguaglianza che è solo formale e teorica, quale si esprime nel principio “una testa, un voto”.

Questa concezione della cittadinanza (e quindi dello Stato) ha conosciuto il suo apice negli anni Sessanta del secolo scorso, per poi cominciare a declinare. Si sono assottigliati i diritti (il tramonto dello Stato sociale) e si sono ristretti anche i doveri (alleggerimento del carico fiscale), quando non sono stati aboliti (il servizio di leva).  Come è stato detto, la “cittadinanza si è assottigliata”.

Ma comunque la cittadinanza era considerata una forma di appartenenza e trattata come tale: la cittadinanza si poteva ottenere dopo una lunga residenza (per gli immigrati) o per nascita (ius soli) o per origine (ius sanguinis). Solo con il trionfo del neoliberalismo è potuto succedere che la cittadinanza si trasformasse in una merce, cioè in qualcosa che si può comprare e vendere, creando un vero e proprio mercato della cittadinanza e una sorta di “industria della cittadinanza”, come scrive Kristin Surak della London School of Economics nel suo The Golden Passport. Global Mobility for Millionaires appena uscito per Harvard University Press.

In che senso la cittadinanza si può comprare e vendere? E innanzitutto che bisogno c’è di comprarla? Si ambisce un’altra nazionalità perché non tutte le cittadinanze sono uguali: la nostra vita dipende dalla “lotteria de…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.