L’Europa profonda

Ancor più che sostentamento nutritivo, i contadini forniscono al capitalismo globale un supporto ideologico. Nella sua astratta dimensione finanziaria, il capitalismo globale ha bisogno di elementi che ne ancorino al suolo il consenso, almeno quel tanto che è indispensabile a governare le forme Stato nazionali. Non hanno bisogno tanto dei voti di quel 2% della popolazione, né dell’apporto economico di quel 2% del pil, quanto della “comunità immaginata” che si crea intorno alla patata, all’acino d’uva o all’asparago bianco.

Messinscene della migrazione

Pochi temi dividono come quello della migrazione. Destra e sinistra ne fanno un cavallo di battaglia in ogni campagna elettorale ma i rispettivi proclami risultano delle messinscene che nulla hanno a che vedere con la reale gestione del fenomeno, sulle cui cause e sulle cui origini circolano inoltre diversi miti da sfatare.

Bombardamenti umanitari

La “catastrofe umanitaria” richiama “l’emergenza climatica”. La disperata impotenza degli operatori dell’Onu e delle Ong nelle macerie della striscia di Gaza non può non far venire in mente quella degli attivisti ambientali intenti a ripulire sterminati litorali pattumiere di plastiche, gli uni e gli altri a svuotare l’oceano con un cucchiaino, impossibilitati ad alleviare quel che vorrebbero, e dovrebbero, invece sanare. In modo simmetrico, quando si chinano comprensivi “sul disastro umanitario” di Gaza, i pensosi consessi delle potenze mondiali replicano come cloni i vertici sulla salvaguardia dell’ambiente. E i crimini di guerra e i tribunali internazionali vengono invocati solo per il nemico.

Cittadinanza in vendita

Tutti gli Stati sono sovrani ma alcuni sono più sovrani di altri. E quindi la loro cittadinanza e il loro passaporto valgono di più. Questo ha dato origine al fenomeno della compravendita della cittadinanza, iniziato nei microstati caraibici per diffondersi via via in altri Paesi.

Il Sessantotto tedesco. Intervista a Hans Magnus Enzensberger

Il 24 novembre 2022 moriva lo scrittore e militante Hans Magnus Enzensberger. Per ricordarlo e omaggiarlo a un anno di distanza dalla sua scomparsa, ripubblichiamo un’intervista contenuta nel volume “L’immaginazione senza potere. Miti e realtà del ‘68”. Edito dalla casa editrice Mondo Operaio e curato dal giornalista Marco d’Eramo, il libro uscì nel 1978, a un decennio di distanza dall’erompere del movimento.

Trump Democrats

Mentre negli Stati Uniti si avvicinano le elezioni presidenziali del 2024, si apprezza sempre di meno la differenza politica fra le due candidature al momento più probabili, quelle di Donald Trump e Joe Biden. Entrambi sono legati a politiche di potenza e d’imperio dal punto di vista economico che hanno reso l’amministrazione Biden un sostanziale proseguimento di quella Trump sul terreno della politica estera, dell’economia da deglobalizzare, delle politiche sull’ambiente e persino per quanto riguarda le politiche xenofobe e anti-immigrazione. Fra le tante ragioni che si possono individuare per questo, ce n’è una ineludibile: la composizione ultra-classista della politica americana, il cui Senato in particolare è un’istituzione a ferrea difesa dell’interesse delle élite miliardarie.

La frontiera dei confini

Non c’è niente di più mutevole di un confine. Non è una linea, non è una cosa, è un dispositivo socialmente costruito per generare un dentro e un fuori, e appunto perché costruito cambia, si sposta, scompare, riappare, producendo molto spesso sanguinose guerre, invenzioni architettoniche folli, dolore e morte.

Dacci la nostra Pravda quotidiana

Mentre simpatizzo e nel mio possibile appoggio tutti i cittadini russi che mettono a repentaglio libertà e vita per opporsi a Putin, non mi pare invece straordinario il coraggio con cui i leader d’opinione occidentali deprecano la crudeltà del satrapo orientale. Anche per lo sgradevole retrogusto di viltà in quel continuo “Armiamovi e partite” che viene martellato senza sosta da un anno e mezzo: è facile fare gli eroi con la vita degli altri.

Un pianeta da rammendare

crisi ambientale

A fare greenwashing ormai non sono solo le aziende ma anche i governi, che gettano fumo negli occhi dei loro cittadini proponendo piccoli palliativi per nulla incisivi. Ne è un esempio un recente provvedimento preso in Francia per evitare sprechi nell’abbigliamento. Una misura ridicola, che non affronta per nulla una questione ambientale presentata sempre e comunque come un problema futuro, nonostante costituisca un drammatico – e colpevolmente ignorato – presente.

Volgo riottoso

Violenze della polizia Francia/Crediti foto: Marco Cesario

Dopo ogni disordine che coinvolge i giovani ai quattro angoli del mondo migliaia di pensosi parlatori si chinano compunti a studiare i profondi motivi sociali che suscitato le “violenze”. Non risulta che una simile attenzione venga rivolta alle violenze della polizia, lo strumento principale a disposizione dei poteri per “disciplinare” la propria popolazione. E in effetti c’è da chiedersi perché mai i regimi dovrebbero cambiare un dispositivo disciplinante che funziona così bene, visto che in nessun Paese, nessuna di queste sommosse, agitazioni, rivolte ha mai ottenuto alcunché né mai ha cambiato qualcosa.