L’Intelligenza Artificiale è un grande affare nelle mani di pochi

Al termine dell’anno, l’Università di Stanford ha stilato il suo report sullo stato dell’Intelligenza Artificiale nel mondo. La tendenza più evidente, soprattutto negli Stati Uniti, riguarda il sorpasso della grande industria ai danni dell’accademia: la palla passa sempre più nelle mani di pochi soggetti privati, mentre i grandi attori sociali hanno una voce in capitolo sempre più flebile.

Come ogni anno da sei a questa parte, anche nel 2023 l’Università di Stanford ha pubblicato il suo report sull’Intelligenza Artificiale, l’Artificial Intelligence Index Report. Redatto dal centro per la ricerca sul tema, l’Hai (Human-Centered Artificial Intelligence), il report, come esplicitato nell’Introduzione, si propone di “fornire dati imparziali, rigorosamente controllati e di ampia provenienza affinché politici, ricercatori, dirigenti, giornalisti e il pubblico in generale possano sviluppare una comprensione più approfondita e sfumata del complesso campo della IA. Il rapporto mira a essere la fonte più credibile e autorevole al mondo per dati e approfondimenti sull’Intelligenza Artificiale”.

Il centro si è avvalso in sede di ricerca di partner noti anche al grande pubblico come LinkedIn e McKinsey & Company, mentre altrettanto note sono alcune aziende che hanno fornito la loro partnership, come Google e OpenAI. Come indicato in apertura dai condirettori dello studio Jack Clark e Ray Perrault, “la nostra analisi mostra che l’Intelligenza Artificiale è sempre più definita dalle azioni di un piccolo insieme di attori del settore privato, piuttosto che da una gamma più ampia di attori sociali”. La palla sta sempre più passando in mano alle grandi aziende private, intorno alle quali potrebbe formarsi un oligopolio simile a quello che ha monopolizzato Internet. Le ricadute di questa dinamica potrebbero essere molteplici e imprevedibili. Non è dunque un caso che i ricercatori abbiano deciso di partire da lì per sviluppare la loro analisi.

Il ruolo sempre più dominante della grande industria
Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale ha mosso i suoi primi passi nel mondo accademico, tanto che fino al 2014 i modelli di machine learning più significativi erano stati sviluppati proprio in ambito universitario. Da allora il settore economico privato ha preso il sopravvento, tanto che nel 2022 i modelli di machine learning sviluppati dall’industria sono stati 32 a fronte dei soli tre prodotti dal mondo accademico. Realizzare sistemi di IA all’avanguardia richiede sempre più grandi quantità di dati, computer dalle prestazioni elevatissime e denaro, risorse di cui la grande industria dispone appunto in quantità nettamente maggiore rispetto al mondo della ricerca. Se si prendono ad esempio i modelli di apprendimento linguistico di grandi dimensioni, vediamo che GPT-2, lanciato nel 2019, considerato da molti il primo grande esemplare di questa categoria, era basato su 1,5 miliardi di parametri e il costo stimato del suo “addestrame…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.