(Guayaquil). Ha piovuto molto nelle ultime due settimane. Le strade sono quasi vuote, un fatto inedito per questa città bagnata dal Pacifico. Sembra che le lancette siano tornate indietro all’epoca della pandemia da Covid, che colpì duramente il Paese e costrinse molte persone a rimanere a casa per evitare il contagio. Ma non è di certo un po’ di pioggia, né la diffusione di un nuovo virus a spingere la gente a non uscire dalle proprie abitazioni. Guayaquil, tra le più importanti metropoli dell’Ecuador, è conosciuta per il suo porto, lo snodo fondamentale da dove parte la cocaina che arriva in Europa e negli Stati Uniti. E oggi è anche l’epicentro della violenza delle bande dei narcos. “C’è poca gente per le vie della città, perché ha paura”, mi racconta Jamil, mio vecchio collega di master e ora politologo e avvocato. “Ci sono i militari nelle strade e molti negozi rimangono chiusi per paura di subire atti vandalici”, prosegue. Nonostante tutto, lui cerca di proseguire la sua vita con normalità. Certo, con timore. Dalle sue parole si percepisce anche una certa stanchezza verso questo clima di insicurezza che attanaglia l’Ecuador da qualche anno. Negli anni Novanta il Paese andino – incastonato tra Colombia e Perù, i due principali produttori di cocaina al mondo – era considerato un’oasi di pace. Oggi si è trasformato nel Paese più violento dell’America Latina.
La nuova ondata di violenza
Questa nuova ondata di violenza è partita lo scorso 7 gennaio quando dal carcere di massima sicurezza di Guayaquil la polizia penitenziaria si è “accorta” della scomparsa di José Macias Villamar, detto “Fito”, leader de Los Choneros, la più pericolosa banda criminale ecuadoriana, legata al cartello messicano di Sinaloa. Il nome della gang era già comparso lo scorso agosto nelle pagine esteri della stampa internazionale per l’omicidio del candidato presidenziale di centro, Fernando Villavicencio. La fuga di “Fito” ha innescato una serie di rivolte nelle strutture carcerarie di diverse città, tanto da indurre il neo presidente, Daniel Noboa, a dichiarare il 9 gennaio lo stato di emergenza. Da quel momento si è assistito ad atti vandalici, esplosioni, sparatorie, sequestri di persona negli ospedali e nelle scuole, in diverse province del Paese. Lo stesso giorno, sono state segnalate diverse evasioni di criminali di alto profilo. Uno di questi è Fabricio…