Il socialismo di mercato è una possibile via d’uscita dal capitalismo?

Per un lungo periodo dopo la fine della guerra fredda l’economia comparativa si è occupata di studiare le “varietà dei sistemi capitalisti” e la transizione all’economia di mercato delle ex economie socialiste. In anni più recenti, però, diversi economisti hanno elaborato modelli di economie post-capitaliste. Cosa hanno in comune questi modelli? Quali applicazioni possono trovare nell’immediato?

I problemi di carattere economico e sociale con cui la comunità democratica è chiamata a misurarsi possono essere di una incredibile varietà. Come estremamente diversificate e molteplici sono state le soluzioni pratiche escogitate per farvi fronte. Non potrebbe essere diversamente, vista la dipendenza degli uni e delle altre da contingenze storiche in perenne mutamento.

I principi guida di Einaudi
Sotto la superficie di questo incessante movimento fra problemi e possibilità, Luigi Einaudi pensava di poter scorgere due principi guida fondamentali: il primo incentrato sull’“idea della libertà della persona umana”[1] (liberalismo) e il secondo fondato sull’“idea della cooperazione o solidarietà o dipendenza reciproca fra gli uomini” (socialismo). Tali principi sarebbero in grado di spiegare l’origine ultima dei diversi atteggiamenti che ispirano uomini e donne animati da un simile senso di giustizia, ma divisi da idee politiche spesso molto distanti fra loro.

Entrambi i principi sono necessari e vitali, ammoniva l’economista, di solidissima fede liberale: “la stabilità politica e sociale è minacciata solo quando venga meno il limite; e l’uomo liberale rinneghi stoltamente la necessità della collaborazione degli uomini viventi in società o l’uomo socialista neghi il diritto dell’uomo a vivere diversamente dal modo che egli abbia dichiarato obbligato”. Solo nella “lotta continua fra i due ideali”, continuava, “una società, una nazione, prospera”.

Non sarebbe difficile individuare, con gli occhi di oggi, le debolezze di una visione così ristretta dentro categorie egemoni in Occidente negli anni della ricostruzione postbellica.

Eppure, Einaudi sarebbe rimasto meno stupito di altri nel riscontrare il riaffacciarsi della riflessione intorno all’“idea socialista” nella letteratura economica contemporanea. Dal francese Thomas Picketty al greco Yanis Varoufakis, dall’americano Duncan Foley all’italiano Giacomo Corneo, sono numerosi gli economisti che negli anni recenti si sono cimentati nel tentativo di dare nuova linfa a questa idea e immaginare assetti economico-istituzionali profondamente diversi da quelli che le nostre società hanno ereditato fine della guerra fredda.

Le caratteristiche del socialismo contemporaneo
Insieme ad André Pedersen Ystehede (economista dell’istituto statistico danese) abbiamo cercato di offrire una rassegna di questi studi nell’

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.