Disobbedienza civile, un atto di solidarietà collettiva

Portano avanti azioni di disobbedienza civile dall'alto valore solidale e sociale, eppure – o forse proprio per questo – i movimenti ambientalisti come Ultima Generazione subiscono una repressione e criminalizzazione sempre più violente, a suon di interventi, spesso tutt’altro che pacifici, delle forze dell’ordine, e anche a colpi di norme di legge e atti processuali.

“Ecovandali”, “ecoteppisti”, “brigate verdi”: questi sono solo alcuni dei nomignoli affibbiati da alcuni media italiani ai cittadini attivisti di Ultima Generazione. Chi è Ultima Generazione? Un movimento ambientalista di resistenza civile che, con azioni di disobbedienza civile non violenta, ma spesso di grande impatto visivo e mediatico, vuole attirare l’attenzione di politici, media e società civile sulle molteplici emergenze causate dalla crisi ambientale in corso. A differenza di altri movimenti simili, sorti nel corso degli ultimi anni, Ultima Generazione non è solo un movimento di protesta, nato per sottolineare cosa non va, ma è un movimento propositivo. Oggi, infatti, gli attivisti che sporcano le opere d’arte e i monumenti, che bloccano le strade e si gettano addosso acqua e fango (simbolo delle alluvioni che hanno martoriato l’Italia nel 2023) agiscono con l’obiettivo di dialogare con il governo per portare avanti la loro proposta: l’istituzione di un – ormai sempre più urgente – fondo “preventivo e permanente di 20 miliardi di euro sempre pronti ad essere spesi per ripagare i danni da calamità ed eventi climatici estremi”, come si legge nel sito del movimento.

Polarizzazione del dibattito pubblico
Le modalità di azione scelte da Ultima Generazione (così come da molti movimenti “gemelli” sorti in altri paesi: si pensi al britannico Just Stop Oil, al francese Dernière Rénovation o al tedesco Letze Generation) sono senz’altro l’aspetto che solleva maggiori perplessità. Molti degli spettatori improvvisati di queste azioni, infatti, rispondono agli attivisti – far emergere le motivazioni del proprio gesto, infatti, è parte integrante della performance – affermando di essere d’accordo con i motivi della loro preoccupazione, ma di non condividere la modalità d’azione, seppur non violenta. Negli ultimi anni, anche i governi hanno espresso con sempre maggiore veemenza la propria contrarietà a questo tipo di azioni. Difatti, in tempi recenti abbiamo assistito a un clamoroso inasprimento dell’attività repressiva nei confronti delle azioni di disobbedienza civile non violenta non solo ‘sul campo’, con gli inte…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.