Quando avevamo la pelle scura. Intervista a Guido Barbujani

Il genetista, che sarà ospite il 12 giugno alle Giornate della laicità di Reggio Emilia, spiega perché la biodiversità umana non può essere strumentalizzata per giustificare il razzismo.

Sarà uno dei tanti ospiti delle Giornate della Laicità che si svolgeranno dal 9 al 13 giugno a Reggio Emilia. “La scimmia nuda. Natura (è) cultura” è il filo conduttore dell’edizione di quest’anno che torna finalmente in presenza con diversi incontri e dibattiti su tanti temi diversi, dalla scienza alla pandemia, dal fine vita al lavoro, dall’intelligenza artificiale all’identità di genere. Fra gli altri ospiti: Maurizio Ferraris, Simona Argentieri, Francesco Remotti, Cinzia Sciuto, Roberta de Monticelli, Paolo Nichelli, Paolo Flores d’Arcais, Eva Cantarella, Sumaya Abdel Qader, Michela Milano, Chiara Saraceno, Giorgio Maran, Carlo Sini, Elena Gagliasso, Massimo Baldacci, Elena Granaglia, Telmo Pievani e Marco d’Eramo.

In questa intervista il genetista Guido Barbujani anticipa i temi della sua relazione “Migranti pallidi. Da quand’è che gli europei hanno la pelle chiara”, che terrà il 12 giugno alle 10. Gli incontri delle Giornate della laicità sono a ingresso libero su prenotazione. Per informazioni aggiornate sul programma e per prenotarsi visitare il sito delle Giornate della laicità.

Grazie al Dna, siamo in grado di ricostruire l’aspetto dei nostri lontani antenati: una delle evidenze che emerge da questa analisi è che un fattore considerato innato e quindi “naturale” da molti europei, e cioè l’aver sempre avuto la pelle chiara, è tutt’altro che vero. Da quand’è che gli europei hanno la pelle chiara?

Attenzione: il DNA ci permette di ricostruire approssimativamente l’aspetto dei nostri antenati; per il colore della pelle, il margine d’errore è del 4%. I fossili ci dicono che fino a 5.700 anni fa gli europei avevano pelli molto scure, come oggi nel sud dell’India, e spesso occhi azzurri. Le più antiche pelli chiare conosciute sono in Asia, a sud del Caucaso, 12mila anni fa. Poi, con il neolitico, a partire da 10mila anni fa, c’è una vera rivoluzione: nel vicino oriente e in Anatolia cominciamo a produrre cibo; le risorse aumentano, le popolazioni crescono e si diffondono verso nord e verso ovest, portando con sé il proprio DNA, le tecniche agric…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.