Democrazia, maggioranze e governabilità: la regola di Condorcet e il caso italiano

La soluzione al problema dell’assenza di una maggioranza in società fortemente conflittuali andrebbe cercata non nell’adozione di un sistema elettorale che garantisca comunque una maggioranza, ma nell’adozione di procedure parlamentari che consentano di governare efficacemente anche in assenza di una maggioranza.

L’eventualità della assenza di una maggioranza stabile in Parlamento è un problema molto serio per i politologi (e per i politici), sia dal punto di vista positivo che da quello normativo. E naturalmente questo problema diventa particolarmente grave quando nel paese non esiste una coalizione maggioritaria di opinioni, ovvero, semplificando un po’, quando un’elezione proporzionale non produrrebbe una maggioranza sufficientemente omogenea per governare in modo efficace. Alcuni hanno suggerito, e suggeriscono, di risolvere questo problema adottando un sistema elettorale che produca comunque una maggioranza, vincolando opportunamente le scelte degli elettori. Ma se la società è complessa e articolata questo approccio è rischioso, e lo è tanto di più quanto più la società è divisa (su ciò torneremo). 

La creazione di maggioranze artificiali dovrebbe essere non una prassi corrente, ma una extrema ratio emergenziale da adottare in assenza di altre alternative. Qui suggerisco che la soluzione del problema della possibile assenza di una maggioranza in società fortemente conflittuali andrebbe cercata non tramite l’adozione di un sistema elettorale che garantisca comunque una maggioranza, ma tramite l’adozione di procedure parlamentari che consentano di governare efficacemente anche in assenza di una maggioranza. A un possibile esempio, dotato di basi teoriche molto solide, è dedicato questo articolo. 

Maggioranza ed elezione di un Parlamento 

Un Parlamento deve riprodurre in scala l’assemblea ideale dei cittadini, che sono troppo numerosi per potere riunirsi e deliberare efficacemente tutti insie…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.