Città del Messico e le lotte del ’68: Paco Ignacio Taibo II racconta l’importanza del Che e di Bob Dylan

In un libro di recente pubblicazione in Italia, lo scrittore ripercorre sul filo dei ricordi personali la stagione della contestazione sessantottina in Messico.

Il libro ’68 – Città del Messico: dalle lotte studentesche al massacro di Tlatelolco, tradotto per la prima volta in Italia da Mimesis, è un “memoir” dello scritto spagnolo, naturalizzato messicano, sulla stagione di contestazione in Messico, dalla nascita del movimento di protesta, con l’occupazione di scuole e università, fino alla repressione di Stato e al sanguinoso epilogo del 2 ottobre, con oltre duecento morti e centinaia di arresti. 
Taibo II, che era membro della Commissione sciopero nella facoltà di Scienze politiche, ritaglia nella sua memoria un collage di ricordi personali che disegnano i giorni esaltanti e tragici della ribellione. 
Su MicroMega+ pubblichiamo il capitolo dal titolo “Si racconta l’importanza del Che e di Bob Dylan per alcuni ma non per tutti”. 

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Una parte della generazione di studenti che crearono il movimento del ’68, una piccola parte, non più di sette o ottomila su mezzo milione di studenti delle superiori e dell’università, si era formata in un brodo primordiale politico-culturale che possedeva la virtù della globalità. Quella follia totale comprendeva ogni singolo aspetto della vita. Aveva a che vedere con le letture, gli eroi, i miti, le rinunce, il cinema, il teatro, l’amore, l’informazione. Vivevamo attorniati dalla magia della rivoluzione cubana e dalla resistenza vietnamita. 

Il Che era l’uomo che aveva pronunciato la prima e l’ultima parola. Ci aveva condotto per mano, dai Passaggi della guerra rivoluzionaria a Il socialismo e l’uomo a Cuba, verso un dibattito etico che capivamo perfettamente. La sua morte nel 1967 ci lasciò un enorme vuoto che nemmeno il Diario di Bolivia riuscì a colmare. Era il fantasma numero uno. Quello che non c’era eppure c’era. Aleggiavano sulle nostre vite la voce, il personaggio, l’ordine fondamentale del “molla tutto e inizia a camminare”, il dialogo scherzoso, il progetto, la foto che ti guarda da ogni angolo, l’aneddoto destinato a crescere in un accumulo di informazioni che parevano senza fine, l’unico modo in cui espressioni degne di un bolero come “impegno totale” non suonavano ridicole. Soprattutto, però, il Che era il tizio che era ovunque persino dopo morto. Era il nostro morto. 

Leggevamo Howard Fast e Julius Fučik, Cortázar e Be…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.