Quando finì Bretton Woods

Cinquant’anni fa la storica decisione del presidente Nixon di sospendere il sistema creato sul finire della Seconda guerra mondiale con gli accordi di Bretton Woods.

Il 15 agosto del 1971, esattamente cinquant’anni fa, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, in un discorso televisivo dal titolo “Una sfida per la pace”, sospendeva la possibilità per i governi e le banche centrali del mondo di convertire dollari in oro al prezzo ufficiale, che risaliva al 1934, di 35 dollari l’oncia. Nonostante il richiamo a un futuro di prosperità e di pace, il discorso provocò sgomento nell’opinione pubblica occidentale.  

Sul piano simbolico, la decisione segnava la fine dell’idea, radicata nei secoli, che il valore della moneta in ultima istanza fosse garantito dal suo legame con un bene materiale, l’oro, e non solo da una convenzione sociale. Allo stesso tempo, era facile interpretare il nuovo status del dollaro come un segnale d’incipiente debolezza da parte degli Stati Uniti, fino a quel momento potenza egemone dell’Occidente. 

Nella sostanza, la decisione di Nixon sanciva la fine degli accordi di Bretton Woods, così chiamati dal nome della località del New Hampshire dove, nell’estate del 1944, si erano riuniti i rappresentanti delle nazioni che si avviavano a vincere la Seconda guerra mondiale o erano rimaste neutrali (l’Italia ovviamente era assente). La conferenza si proponeva di stabilire le regole per il sistema dei pagamenti e il commercio internazionale che sarebbero dovuti entrare in vigore al termine del conflitto per garantire una ordinata ripresa dell’attività economica. Elemento centrale del nuovo ordine era un sistema di parità fisse tra le diverse valute e il dollaro e tra quest’ultimo e l’oro. Gli accordi di Bretton Woods avevano inoltre portato alla creazione di due nuove istituzioni tuttora esistenti: il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Internazionale per la Ricostruzione e …

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.