Pandemia, scienza e società

La scienza in Italia non ha mai goduto della giusta attenzione e del dovuto rispetto. A sparigliare le carte ci ha pensato la pandemia da Sars-CoV-2 che però ha mostrato in maniera abbastanza palese la diffusa e profonda ignoranza di cosa la scienza sia e di come operi.

Il compianto storico della scienza Paolo Rossi Monti (1923-2012), in una relazione all’Accademia Nazionale dei Lincei tenuta il 20 febbraio 2008 (riprendendo nel suo intervento quanto scritto anni prima in un altro contributo[1]), denunciava l’atteggiamento di coloro che, accusando scienza e tecnologia di minacciare l’umanità, avevano oramai assunto le dimensioni di un vero e proprio movimento antiscientifico:

La gamma degli atteggiamenti è vastissima: recise condanne, proclamazioni della superiorità della filosofia su ogni altra forma di sapere possibile, dichiarazioni del fallimento della scienza e della sua bancarotta, […] fosche profezie sulla fine della civiltà e sull’inevitabile olocausto provocato dalla scienza, requisitorie contro la civiltà industriale e urbana, […] esaltazioni del mondo magico e del sapere alchemico e occulto come superiori a quello dell’intelletto, elogi della follia come porta d’ingresso a un mondo altro e superiore a quello delle astrazioni dell’intelletto. […] All’interno di una variegata e complicata storia trovano posto grandissimi filosofi (Rousseau, Nietzsche, Heidegger), filosofi minori (Gentile, Horkheimer, Marcuse, Foucault eccetera), numerose scuole e tendenze di pensiero (romantici, spiritualisti, esistenzialisti, esponenti della Scuola di Francoforte eccetera), nonché i molti divulgatori e propagandisti e giornalisti che hanno diffuso e fatto circolare le idee presso un pubblico molto più largo di quello dei filosofi e dei letterati di professione. In alcuni casi questo intreccio o coacervo di idee si è saldamente connesso con una dichiarata e aperta ostilità verso la scienza e si è diffuso (con diversa intensità nei diversi Paesi) entro i partiti politici e i sindacati, è penetrato entro larghi movimenti di massa, come nel caso del movimento del Sessantotto o, in Cina, all’interno della rivoluzione culturale o in quello che si ispira alle tematiche degli ecologisti, dei Verdi, dei no-global[2].

In un altro suo scritto, intitolato significativamente “La società internazionale dei nemici della scienza”[3], Rossi Monti additava, quali esponenti di spicco di questa società, quegli scrittori di successo che attraverso i loro romanzi, venduti a milioni di copie in tutto il mondo, diffondevano un’immagine minacciosa e talvolta apocalittica delle conseguenze prodotte dalla scienza.

Solo qualche anno prima, un altro storico della scienza, il fisico Enrico Bellone (1938-2011), pubblicava un documentato pamphlet dal significativo titolo La scienza negata[4] in cui denunciava lo stato di totale abbandono e disinteresse politico e culturale in cui versava la ricerca scientifica italiana. «O investiamo risorse finanziarie e umane nella ricerca di base», affermava Bellone, «oppure ci trasformiamo in una appendice turistica del mondo civile». Bellone stesso ricordava che, trent’anni prima, concetti analoghi erano già stati espressi dal fisico e filos…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

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Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

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Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.