Bad Boys. Sindacalisti in divisa

Come un movimento sotterraneo di poliziotti democratici, appoggiato dai partiti politici della sinistra e da Cgil, Cisl e Uil, riuscì nel 1981 a dare vita al Siulp, il sindacato unitario dei lavoratori della polizia. Una conquista fondamentale per la democratizzazione del Paese.

Nel 1978 Massimo Girolami si arruolò in polizia. Aveva appena compiuto 18 anni di età e il mondo si dischiudeva furiosamente davanti ai suoi occhi. “Il decennio che avevamo vissuto ci dava prospettive e speranze illimitate. Gli anni ‘70 erano anni tragicamente meravigliosi. Un tragitto entusiasmante verso riforme, verso un’Italia che si rinnovava, che cresceva”, racconta. La sua è stata una scelta fulminea, dice. Come il gong esistenziale che catapulta istantaneamente ogni adolescente nella sfera biologica degli adulti. Nato a San Benedetto del Tronto, una cittadina di circa 50mila anime, lungo la costa adriatica delle Marche. Iscritto alla giovanile del Partito comunista italiano. In tasca, sottolinea, aveva l’Unità, qualcuno sfoggiava il Manifesto e altri il Secolo d’Italia. “Nessuno negava ciò che era”.

Girolami, elettricista all’epoca, fu folgorato da un evento che scosse irrimediabilmente l’ossatura della Repubblica italiana. Il rapimento, il 16 marzo 1978, di Aldo Moro. Presidente della Democrazia Cristiana e fideiussore del compromesso storico con il Pci. La stella a cinque punte delle Brigate rosse e il volto dell’onorevole, fotografato in bianco e nero, con una copia de La Repubblica. Il cadavere dell’esponente Dc fu ritrovato il 9 maggio dentro il bagagliaio di una Renault. “Ho voluto dare un significato alla mia scelta: io credevo fermamente che si potesse avere uno Stato giusto e libero senza dover ricorrere alla barbarie”, dice Girolami.

Il periodo di formazione che intraprese nelle forze dell’ordine durò 9 mesi, e poi ci fu il primo incarico formale, in Emilia Romagna. “Il momento storico, la sua forza e le sue energie permeavano la polizia. Erano gli anni che avrebbero portato a compimento il processo di sindacalizzazione e avrebbero visto la riforma del corpo”. Ovvero la smilitarizzazione dei reparti di pubblica sicurezza, con la legge 121 del 1981. E la nascita del sindacato Siulp, il sindacato italiano unitario lavoratori della polizia. “Mi capita spesso di ricordare la sera in cui ci diedero la notizia della svolta. Una bella sera di aprile. La caserma era in festa. Ci fu una vera ovazione. Furono firmate decine e decine di deleghe di adesione al sindacato quella sera”. Una conquista fondamentale, secondo Girolami, per la democratizzazione del Paese. E per la ristrutturazione della polizia in chiave moderna, fuori dall’esercito e dentro le contraddizioni della società.

Un passo indietro

“C’è stato un…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.