L’Europa al bivio: la transizione energetica dipende da come diciamo addio al gas russo

La decisione dell’Europa di puntare sul gas naturale liquefatto per sostituire quello che potrebbe non arrivare più dalla Russia potrebbe avere conseguenze deleterie per la lotta alla riduzione delle emissioni.

Gli orrori del massacro di Bucha sembrano aver portato in cima alla lista dell’agenda politica la possibilità di allargare le sanzioni economiche alla Russia fino a includere tutti i combustibili fossili importati: per ora si sono limitate allo stop (entro quattro mesi) alle importazioni di carbone, ma è in discussione anche l’embargo del petrolio e del gas naturale.

Quest’ultima è la risorsa più difficile da sostituire per il Vecchio Continente e per questo la Commissione Europea ha approntato un piano energetico, REPowerEU, che punta in un anno a ridurre di due terzi i 155 miliardi di metri cubi di gas importato ogni anno dalla Russia e a farne a meno completamente entro il 2030. Potrebbe essere il primo passo deciso verso l’accelerazione della transizione energetica e una svolta epocale nella lotta al cambiamento climatico, ma le soluzioni proposte non sono semplici da realizzare e non tutti sono d’accordo sulla linea da tenere.

Francia e Polonia sarebbero favorevoli a fare a meno del gas russo, contrarie invece tra le altre Austria e Germania. Anche in Italia il dibattito è acceso.

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi aveva dichiarato il 6 marzo che il caro energia sta mettendo a dura prova la ripresa economica, al punto da rendere necessario un ripensamento degli obiettivi della transizione ecologica concordati con l’Europa e inseriti nel PNRR. In altri termini, di fronte alle difficoltà economiche, secondo Bonomi, le pretese green dovrebbero venire abbandonate.

Persino il presidente del consiglio Mario Draghi, che all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina si era mostrato tiepido nei confronti di un’accelerazione verso le energie rinnovabili, si è trovato a dover smentire Bonomi in un qu…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.