La crisi dei partiti, i movimenti giovanili e il nuovo ruolo del terzo settore

Intervista a Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia: “Le istanze sono senza rappresentanza. Il ruolo di nuovo corpo intermedio non deve spaventarci. Oggi siamo chiamati a garantire spazi di partecipazione e protagonismo giovanile a tutti i livelli, incluso il momento decisionale”.

La decima intervista della serie “La politica che (non) c’è“ è a Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia. Al centro di questa conversazione, il fermento giovanile, il ruolo del terzo settore, la crisi dei partiti e della rappresentanza.

Negli ultimi anni è emersa una spinta giovanile che ha, di fatto, costretto la politica a fare i conti con nuove istanze e con un nuovo fermento. I due mondi, però, sembrano non avere punti di contatto. Ed è qui che sono entrate in gioco le organizzazioni del terzo settore, le associazioni, e sono tornati i movimenti. Dal suo punto di vista, come vi rapportate con questo fermento ancora emergente?
C’è una grande spinta alla partecipazione personale prima ancora che politica, di certo non partitica. Una partecipazione rivolta al bene comune. E questo è sicuramente un fattore che sta determinando dei cambiamenti anche in Save the Children, realtà oggi più che mai chiamata a mettersi in discussione per trovare proposte di soluzione concrete, e di advocacy, da portare avanti sui diversi tavoli istituzionali, che mettano al centro i ragazzi e le ragazze. Il ruolo di nuovo “corpo intermedio” non deve spaventarci. Catalizzare energie, costruire alleanze, metterci in gioco sui territori: siamo chiamati a questo con la consapevolezza che, oggi, i ragazzi sono molto più avanti di noi perché guardano al futuro attraverso un forte concetto di presente. Partecipano ora per cambiare il domani.

In passato siamo stati abituati a spinte volte unicamente al futuro, oggi viviamo il tempo dell’urgenza, quello che accade ora è centrale. Pensiamo alla tematica ambientale: i giovani hanno dentro un senso di urgenza che deve portarci a lavorare per un cambiamento immediato. Sono stanchi di vedersi considerati solo a parole. Recentemente, nel corso dell’evento IMPOSSIBILE 2022, la quattro giorni di confronto che abbiamo avuto con le istituzioni, le imprese e appunto i giovani, abbiamo sentito ripetere più volte, dai ragazzi, il concetto di “youthwashing”: dietro c’è questa sensazione di finta partecipazione giovanile. Ecco, oggi siamo chiamati a garantire spazi di partecipazione e protagonismo giovanile a tutti i livelli, incluso il momento decisionale. Quello che ci viene chiesto è di rompere lo schema per cui ai giovani spettano le istanze e “agli adulti” le decisioni. Dobbiamo abbattere questo muro, e stiamo lavora…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.