Accelerazionismo, anarcocapitalismo, suprematismo. Un breviario per la comprensione delle stragi

Dietro ad atti di terrorismo come quelli di Buffalo e Christchurch c’è il coagularsi di un movimento suprematista intorno al progetto di una “Jihad bianca” ispirata a una peculiare concezione filosofico-politica: l’accelerazionismo.

“Scusa”, dice Payton Gendron, il diciottenne che sta commettendo una strage a Buffalo, quando si accorge che aveva puntato il mitragliatore contro un bianco. Payton è un ragazzo educato. Cambia la direzione dell’arma e continua il suo progetto di sangue colpendo a morte dei neri, in diretta su Twitch. Il «manifesto» di 180 pagine caricato in rete dal ragazzo subito prima della sua entrata in azione è colmo di riferimenti ad autori di azioni simili, quali Brenton Tarrant, l’assalitore della moschea di Christchurch in Nuova Zelanda, e Luca Traini, l’uomo che sparò agli immigrati a Macerata. Ciò conferma il coagularsi di un movimento suprematista intorno al progetto di una “Jihad bianca” ispirata a una peculiare concezione filosofico-politica. Si tratta di una idea sconosciuta al grande pubblico e che si è sviluppata in un ambiente “libertario” assolutamente anomalo per le destre: l’accelerazionismo.

Per capire di cosa si stia parlando è necessario fare un passo indietro e presentare alcuni personaggi.

1. Mencius Moldbug e il feudalesimo tecnologico

Nel 2007, Mencius Moldbug, pseudonimo del programmatore Curtis Guy Yarvin, fondatore della start-up Urbit (finanziata dal cofondatore di Paypal Peter Thiel), dava inizio a un fortunato blog denominato Unqualified Reservations, col quale gettava nell’agorà della blogosfera l’infausto luogo comune della “pillola rossa” (redpill). Nelle intenzioni dell’autore il blog doveva avere lo stesso effetto della pillola rossa del film Matrix o del DMT: eliminare le visioni della realtà socialmente accettata consegnando al lettore la consapevolezza della cruda verità. La visione comune, la pillola blu, rappresenta il consenso organizzato da quella che Moldbug definisce “la cattedrale”, cioè le centrali della diffusione del pensiero mainstream.

“Le mie idee sono nate leggendo la Scuola austriaca – Mises e Rothbard – e poi Hoppe. Hoppe mi ha aperto una sorta di porta sul mondo pre-rivoluzionario”, ha dichiarato Yarvin. Teorico politico di origine tedesca e principale sostenitore dell’economia della Scuola austriaca, Hans-Hermann Hoppe è un anarco-capitalista, sulla scia dell’iniziatore Murray Rothbard. Hoppe ha descritto la monarchia “governo di proprietà privata”, e la democrazia come “governo di proprietà pubblica”. Nell’introduzione al suo libro del 2001, Democracy: The God That Failed, Hoppe ha definito “la transizione dalla monarchia alla democrazia” una fonte di “declino della civiltà”. Se Hoppe è stato responsabile della sua concezione che la democrazia sia il male assoluto, è la lettura di Thomas Carlyle a convincere Yarvin della originale idea per cui il libertarismo sarebbe una ideologia destinata al fallimento se non accompagnata dall’autoritarismo. Il blog snocciola idee politiche che si rivelano un mix di came…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.