Scherza coi fanti ma lascia stare i santi!

La blasfemia è punita in moltissimi Paesi del mondo, con pene che vanno da sanzioni pecuniarie (come nel nostro) fino alla pena di morte. Ma il “sacro” merita davvero una tutela speciale? E chi stabilisce cosa è blasfemo e cosa no?

Moni Ovadia in conversazione con Emanuela Marmo

Emanuela Marmo: Conoscete tutti Moni Ovadia: cantante, musicista, attore e scrittore, una figura complessa e affascinante. Come moltissime persone, mi sono imbattuta in Moni Ovadia con l’opera che lo ha reso popolare, Oylem Goylem, Il mondo è scemo. Da lì mi sono incuriosita del suo teatro. Ho assistito ad alcuni spettacoli: veri e propri viaggi, ricchi di musica, parola, canto. Ma è la componente umoristica quella che mi ha portato ad incontrarlo quand’ero ragazza. Studiavo le strutture retoriche della satira, pertanto presi a occuparmi del “ridere” come problema, come fenomeno, come meccanismo, ma anche come pratica artistica. Oltre che alla risata satirica, inevitabilmente, mi sono interessata di quella umoristica, di quella comica e di quella ironica.

Sono moltissimi i motivi per i quali possiamo spiegare la presenza di Moni qui oggi, alle Giornate della laicità dedicate al rapporto tra la libertà e la responsabilità. Vi suggerisco, per esempio, di recuperare il suo contributo in un incontro molto interessante che si è svolto nel 2015, potete riascoltarlo sul sito web di Radio Radicale. A questo incontro parteciparono tantissimi autori. Aveva un titolo molto interessante, di straordinaria attualità: “Le parole non si processano, si liberano”.

Un altro titolo di Moni Ovadia che è nella mia libreria, e che vi suggerisco, è Difendere Dio. Nella sinossi c’è scritto: “L’autore si domanda che senso possa avere difendere Dio quando Dio si difende benissimo da solo”.

Bisogna però che io dica anche qualcosa su di me, così capirete perché la direzione del Festival ha pensato che io potessi essere la persona giusta per incontrare questo fantastico uomo.

Io sono una piratessa pastafariana. In quanto tale, pratico nella mia vita personale l’attivismo satirico. Sono anche la direttrice di un Festival delle arti per la libertà di espressione denominato Ceci n’est pas blasphème. Riconoscerete immediatamente l’omaggio a Magritte, Ceci n’est pas une pipe. Magritte ci ha insegnato che la rappresentazione di una cosa in arte non è la cosa. Questo è precisamente il parametro che ha ispirato e regolato il nostro festival, che però è stato attaccato da tutte le parti, da Salvini alla signora che abita di fronte. Siamo finiti in televisione, in radio, sui giornali. In pochissimi casi mi è stata data la possibilità di spiegare le nostre ragioni. I motivi per cui il nostro festival è stato attaccato sono esattamente gli stessi per i quali l’abbiamo organizzato. Sono tutti i problemi che derivano dal rapporto tra la libertà d’espressione con la religione. Di questi problemi parlerò con Moni Ovadia. La prima domanda che desidero fargli è: cos’è il sacro e cos’è il profano?

Moni Ovadia: Trovo che tentare una distinzione fra sacro e profano sia un po’ come discutere del sesso degli angeli. Un essere umano è sacro a prescindere dal fatto che appartenga a una fede o non vi appartenga. La sua integrità è un valore assoluto. Noi non possiamo dire “un essere umano è sacro però…”. L’umanità si è data valori assiomatici e assoluti, a partire dall’uguaglianza degli esseri umani, per affermare i quali non c’è bisogno di fare ricorso al sovrannaturale. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo all’articolo 1 afferma, come se fosse un comandamento: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”. Questo per noi esseri umani universali, abitanti del pianeta Terra, è un valore sacro. Mentre invece c’è un’abbondanza di sciocchezzari o di stereotipi o di finte verità che sono rubricate fra le cose sacre e che, invece, sono profane. Per esempio, l’imbecillità dei fanatici, anche se inalberano il pi…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.