Un universo da privatizzare

Che ci andiamo a fare sulla luna con la missione Artemis? La nuova corsa spaziale serve per foraggiare le industrie belliche ma soprattutto per inseguire il miraggio capitalista del possibile sfruttamento minerario del nostro satellite e anche degli asteroidi.

Non c’è limite alla megalomania degli esseri umani, e alla loro sospettosità per l’altrui (propria?) illimitata avidità e sete di potere. A dimostrarlo, pur se passato inosservato in questa torrida e nevrotica estate, un bizzarro scambio avvenuto a luglio tra l’amministratore della Nasa e le autorità cinesi: in un’intervista al quotidiano tedesco Die Bild, Bill Nelson avvertiva: “Ci deve preoccupare molto che la Cina stia atterrando sulla luna affermando ‘È nostra e voi dovete starne fuori’”. Il portavoce del ministro degli esteri cinese ha reagito immediatamente: “Non è la prima volta che il capo della Nasa mente spudoratamente per diffamare la Cina”.

L’accusa di Nelson è abbastanza surreale, visto che a dicembre saranno 50 anni esatti che l’ultimo essere umano pose un piede sul nostro satellite, dopo di che non solo non ci è andato più nessuno, ma nemmeno ci ha provato. La faccenda è stata delegata a piccoli robot cingolati che hanno scorrazzato un po’ sulle nude pietraie. E infatti tutto quello che i cinesi hanno compiuto è stato di mandare robot sulla luna, e nel 2019 per la prima volta anche sulla sua faccia nascosta (la luna presenta al nostro pianeta sempre lo stesso emisfero): da lì a imporre un controllo esclusivo su una superficie quasi uguale a quella dell’intera Asia, nel vuoto, a temperature oscillanti tra i 120 gradi sopra lo zero (di giorno) e i 130 sotto lo zero (di notte), in piena esposizione alle radiazioni cosmiche e per di più distante 384.000 km da qualunque base di approvvigionamento, ce ne corre.

L’accusa è ancora più balzana se si pensa che sono stati gli Usa, e non la Cina, a programmare per questo settembre il lancio, al modico costo di 29 miliardi di dollari, di un mastodontico vettore che dovrebbe far compiere a una navicella (senza equipaggio umano) orbite circumlunari e poi farla rientrare sulla terra: dovrebbe essere la prima tappa della missione Artemis (dea della Luna e sorella del dio del sole Apollo nella mitologia greca) che dovrebbe installare una base umana sul nostro satellite non prima del 2025, al sempre più modico costo previsto di 93 miliardi di dollari. In teoria, quest’insediamento lunare dovrebbe poi servire come base di partenza per una missione umana su Marte.

Ma la domanda è: che ci andiamo a fare sulla luna? Quando allunarono nel 1969, gli astronauti riportarono alcuni sa…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.