In Messico ogni 14 ore un giornalista subisce un attacco

I dati dell’ultimo report della ong Artículo 19 mostrano come il governo di López Obrador non stia riuscendo a limitare la violenza contro i giornalisti. Al contrario, i discorsi del presidente pongono sempre più la stampa nel mirino. Nei primi sei mesi dell’anno sono stati 331 gli attacchi registrati contro i cronisti e 12 i reporter uccisi tra gennaio e oggi.

Nei primi sei mesi del 2022, quarto anno di presidenza di Andrés Manuel López Obrador, in Messico si sono registrati 331 attacchi contro giornalisti, in media uno ogni 14 ore, più o meno due al giorno. Un numero che paragonato al 2016, quando alla guida del Paese al suo quarto anno di presidenza c’era Enrique Peña Nieto, è in netto aumento: allora erano stati “solo” 218. Numeri preoccupanti quelli raccolti dalla ong Artículo 19 (organizzazione indipendente per i diritti umani che opera in tutto il mondo per promuovere il diritto alla libertà di espressione e che prende il nome dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che garantisce la libertà di espressione). Tanto più considerato che l’attuale presidente è stato eletto sull’onda dello sdegno per le politiche, violente e repressive, del suo predecessore e che tra i punti centrali del suo programma c’era anche una maggiore tutela della libertà di espressione nel Paese.

Un tale numero di atti violenti contro la stampa, ovviamente, ha determinato anche un’impennata degli omicidi: ben 12 tra gennaio e oggi, a fronte dei sette avvenuti nei 12 mesi del 2021. Sotto il governo Obrador i giornalisti uccisi sono stati, a oggi, 36; un numero che mette “a rischio” il triste record detenuto dal suo predecessore (47) considerando che mancano ancora quasi due anni alla fine del mandato del leader di Morena (Movimiento Regeneración Nacional) e che è proprio “lo Stato” a essere il principale aggressore contro la stampa (dato che si conferma ormai dal 2007): ben 128 attacchi contro giornalisti, pari al 38% del totale, sono infatti da imputarsi genericamente allo Stato. In quello che è conosciuto come “il Paese del narcotraffico”, quindi, non è la criminalità il primo fattore di rischio per i giornalisti, bensì l’autorità pubblica: di questi 128 attacchi, 75 sono quelli che sono stati messi in atto da funzionari pubblici e 53 da agenti delle forze di sicur…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.