Quale futuro per la scienza italiana?

Quale sarà l’atteggiamento del governo Meloni nei confronti della scienza e della ricerca? Dai tagli feroci all’istruzione alla riforma Moratti, dall’antidarwinismo alla legge sulla procreazione assistita: quanto fatto dal centro-destra al governo nel passato non induce all’ottimismo.

Investimenti in formazione e ricerca sono le armi strategiche sulle quali qualsiasi paese moderno dovrebbe puntare. Purtroppo sappiamo che l’Italia non è mai stata in prima linea su questi temi[1].

Quando si insedia un nuovo governo viene pertanto spontaneo chiedersi che atteggiamento avrà nei confronti della ricerca, della formazione e della cultura in generale. Come si dice però, è difficile fare previsioni, soprattutto se riguardano il futuro. In attesa di vedere i primi provvedimenti del futuro nuovo Governo, gli unici strumenti su cui basarsi possono essere due: 1) i programmi elettorali che le forze della maggioranza uscita dalle urne il 25 settembre hanno presentato durante la campagna elettorale; 2) visto che molti esponenti dell’attuale maggioranza sono vecchie conoscenze della politica italiana, si può ricordare cosa abbiano fatto nel passato.

Nei programmi elettorali non si è parlato molto di scienza e ricerca. Il principale partito della maggioranza, Fratelli d’Italia, si è limitato a sottolineare la necessità di promuovere la formazione nell’ambito delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e colmare l’attuale carenza di figure qualificate in tali materie. Nel programma viene inoltre ribadito il ruolo centrale del sistema scolastico e universitario e la necessità di potenziare l’insegnamento delle materie scientifiche (a partire dalla matematica) in tutti gli istituti. Si preannunciano incentivi strutturali e crediti d’imposta per investimenti tecnologici e spese di ricerca e sviluppo, maggiori investimenti in ricerca, digitalizzazione e trasferimento tecnologico. Si sottolinea infine la necessità di favorire la sinergia tra università e privati in ambito di ricerca e brevetti, di effettuare una programmazione decennale dei finanziamenti a ricerca e innovazione e di rilanciare la figura del ricercatore.

Nel programma di Forza Italia vi sono pochi riferimenti a scienza e ricerca. Ci si limita a promettere un allineamento ai parametri europei degli investimenti nella ricerca e la promozione della formazione nell’ambito delle discipline STEM.

Nel programma della Lega vi si dedica invece uno spazio maggiore. Si dichiara di voler favorire, anche mediante incentivi fiscali, le attività di ricerca, sviluppo e innovazione da parte delle imprese e incentivare l’attività di studio e sperimentazione nei seguenti settori: scienze mediche e della salute, scienze biomedicali e farmaceutiche, telemedicina, data analytics, intelligenza artificiale, digital health, bioingegneria, biotecnologie e dispositivi medici e sanitari. Anche per il settore agricolo si sottolinea la necessità di investire nel progresso scientifico in tema genetico, salvaguardando il patrimonio di biodiversità, che deve essere tutelata.

Si afferma di voler promuovere la costituzione di un grande spazio aperto euro-africano per…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.