Fenomenologia di Roberto Cingolani

Lo strano caso di Roberto Cingolani, portavoce della potente lobby dell’energia fossile, già criticatissimo come ministro della Transizione Ecologica nel governo Draghi e ora nominato “advisor” del nuovo ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica.

«Le madri sono generalmente fasciste»
Ennio Flaiano

L’Almirante in gonnella alla ricerca di accreditatori

Il sogno coltivato da Giorgia Meloni di esordire con la sua premiership presentando un governo di alto profilo, si è trasformato rapidamente in incubo; un effetto all’incontrario il cui acme coincide con il momento in cui è apparsa la silhouette dell’ometto sbulinato: Robertino Semprinpiedi Cingolani, già contestatissimo (guarda caso, con particolare virulenza proprio da parte dell’attuale premier) per l’inerzia e la certificata inconcludenza con cui ha gestito il ministero della Transizione Ecologica nel governo Draghi, ora nominato consulente (ma lui preferisce definirsi “advisor”) del nuovo ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica.

Una nomina sconcertante, eppure facilmente decifrabile: stretta nella morsa dei due partner-killer Berlusconi e Salvini che – tanto per cominciare – perseguono la sua immediata delegittimazione, circondata da orripilanti maschere di presunti “fratelli e sorelle”, da La Russa a Santanché, la Prima Ministra è alla disperata ricerca di accreditamenti. Ossia una pulizia del viso con maquillage dalle incrostazioni di un passato alla Giorgio Almirante in gonnella: il doppio registro politico che accomuna il leader storico del Movimento sociale (e già redattore di La difesa della razza), vero Fregoli del look mimetico/squadrista dal doppiopetto alla camicia nera, alla sua erede militante nel Fronte della gioventù, affetta da dissociazione permanente linguistico/situazionale dal tono trucido (magari in trasferta dai nostalgici franchisti di Vox) a quello soave da salotti benpensanti, in cui stemperare la propria evidente matrice mussoliniana sussurrando una generica alterità rispetto a qualsivoglia totalitarismo.

Perché – diciamolo francamente – il vecchio Giorgio A. e la nuova (ma non nuovissima) Giorgia M. sono soprattutto animali da comizio e campagna elettorale, pronti ad adattare il proprio discorso e – al limite – la propria postura a seconda del contesto e dell’opportunità. In una spregiudicata corsa a intercettare consensi. Nel caso di Meloni, non solo l’elettorato abbiente, cui inviare il messaggio lassista insito nell’innalzamento del tetto al contante, e quello dei padroncini, cui offre lo scalpo del Reddito di Cittadinanza alla faccia della povertà dilagante, ma senza trascurare mai lo zoccolo duro captive della destra de’ noantri dei coatti col loro ribellismo anarcoide, insofferente di qualsivoglia normazione e civismo, da blandire coll’accreditamento dei deliri sulle cospirazioni tipo No-Vax e la promessa di perseguire i responsabili delle politiche presunte carcerarie di massa del lockdown. Perché questo è il blocco sociale di Fratelli d’Italia, costruito negli…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.