Antimafia sotto attacco: lo strano caso della legge Rognoni-La Torre

Mentre la mafia si fa sempre più imprenditrice e il suo giro d’affari supera i 220 miliardi di euro all’anno, è in atto una silenziosa ma violenta campagna contro la normativa su sequestri e confische derivata dalla Rognoni-La Torre, una legge scomoda perché efficace.

Il Leitmotiv politico e istituzionale del nostro tempo, se non penseremo e agiremo coerentemente al più presto per dare un senso radicalmente altro a una storia che non è mai già scritta, rischia di essere lo smantellamento delle principali conquiste civili del Novecento.

È il caso, per quanto riguarda la legislazione antimafia, di quando sta accadendo alla normativa su sequestri e confische derivata dalla Legge Rognoni-La Torre (1), il cui allentamento è accompagnato da un silenzio surreale, quando non è ammantato da una coltre di ipocrisia.

La sostanziale totalità degli indicatori è pressoché concorde nell’indicare l’evoluzione in senso “mercatista” delle mafie che, inserite in un più complesso “sistema criminale”, da ormai molti anni hanno ridimensionato il proprio livello militare, pur non rinunciando al controllo del territorio, e l’uso visibile della violenza, tornando al loro volto di sempre: borghesia mafiosa e parte integrante del ceto dirigente dell’Italia.

Una mafia imprenditrice che sta assumendo un ruolo sempre più influente nelle dinamiche del capitalismo contemporaneo. Ancora più cruciali rispetto al passato si rivelano, allora, la movimentazione dei capitali criminali e il riciclaggio mediante la reimmissione degli stessi – le mafie hanno un giro d’affari stimato per difetto dall’Eurispes nel 2021 intorno ai 220 miliardi di Euro l’anno – nell’economia legale, che permettono, per di più, di detenere il sostanziale controllo di interi pezzi di economia e di territorio.

L’Italia, ma forse sarebbe ormai più opportuno coniugare i verbi al passato, è dotata di alcune delle normative antimafia più avanzate al mondo, grazie all’intuizione, tra gli altri, di eroi civili come Rocco Chinnici, Cesare Terranova, Giovanni Falcone, Pio La Torre.

In particolare, il contesto presente vede il prossimo dispiegarsi della controriforma Cartabia con effetti devastanti sulla giustizia e il processo penale, della modifica dell’ergastolo ostativo con l’apertura ai benefici penitenziari e alla potenziale liberazione dopo 26 anni per i boss irriducibili che hanno scelto di non collaborare, e l’impasse degli strumenti penali per combattere il livello di vertice delle mafie e le collusioni di livello sistemico. Impasse che deriva sia della delegittimazione operata in questi anni delle inchieste scomode e del reato di concorso esterno in associazione mafiosa sia dall’evoluzione stessa del “metodo mafioso”, non ancora recepita dal legislatore.

Alla luce di quanto evidenziato, assumono un’efficacia particolare le misure di prevenzione patrimoniali derivate dalla Legge Rognoni-La Torre che colpiscono direttamente con sequestri e confische l’”illecito arricchimento” (Pio La Torre) senza intaccare in modo rilevante le libertà personali. “…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.