Fulvio Papi: cultura e pensiero nello specchio della memoria

Lo “stare in guardia”, per Papi, era questo instancabile travaglio del pensiero e della memoria, chiamato ogni volta a mettersi alla prova per capire di più e meglio le mutazioni dell’epoca con i suoi movimenti di apertura e chiusura, emancipazione e regressione, donazione e privazione, ossia di civiltà e inciviltà.
Fulvio Papi

Fulvio Papi è deceduto il 21 novembre nella sua casa di Milano. Aveva 92 anni. Con lui se ne va l’ultimo grande erede della Scuola di Milano.

Professore emerito di filosofia teoretica dell’Università di Pavia, aveva attraversato con una sempre riflessiva partecipazione le mutevoli stagioni di una vita, ritornandovi dunque sopra instancabilmente con contributi di varia natura. Proprio come accade a chi sa che è sempre solo nell’infaticabile scambio tra vissuto e pensiero che l’esistenza cerca di venire a capo di ciò che accade e di ciò che le accade.

Mai una volta per tutte, certo, ma appunto in una incessante applicazione che sente di dover ritrovare ogni volta di nuovo le parole corrette per mettere a fuoco quella “sordità dell’esperienza”, come si legge in un suo testo, all’origine non solo delle nostre ricorrenti inquietudini e dei nostri non meno frequenti smarrimenti, ma anche dell’ignoranza, della nostra stessa ignoranza che insorge anch’essa ogni volta di nuovo dinnanzi alle mutevoli, e ancora inespresse, contingenze del tempo. È solo attraverso questo impegno che un disegno del senso (di sé e del mondo) può venire in essere.

Nel suo caso, filosofia e letteratura erano gli strumenti principi del pensiero, mentre era nell’orizzonte politico in senso lato, di una politica intesa cioè come decenza del vivere civile, che trovava la realtà con cui misurarsi e a cui applicare questa intelligenza della comprensione disposta a rimettersi sempre nuovamente in gioco.

A chi capitava di andare a trovarlo nel suo studio, non può essere sfuggita, affrancata a uno scaffale della sua libreria – anche perché Fulvio non mancava di farvi cenno -, la locandina storica che celebrava il giorno della Liberazione, dopo il ventennio fascista. Non solo la testimonianza di una precisa fedeltà alla memoria, anche un monito: nulla è mai deciso una volta per tutte e i punti storici di non ritorno sono un desiderio più che una realtà.

Lo “stare in guardia”, per lui, era appunto questo instancabile travaglio del pensiero (e della memoria), chiamato ogni volta a mettersi alla p…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.