Troppa pedagogia, poca sociologia
Pedagogisti progressisti o autoritari? Il recente volume di Christian Raimo, L’ultima ora. Scuola, democrazia, utopia (Ponte alle Grazie, Milano 2022) è un testo che rappresenta perfettamente i pregi e i difetti di tutta una schiera di aspiranti riformatori della scuola che si autodefiniscono progressisti e democratici.
Il libro di Raimo permette di dare un’occhiata a questo laboratorio di analisi e strumenti concettuali con cui il pedagogismo “di sinistra” affronta la realtà scolastica. Nonostante intenda guardare da vicino il mondo della scuola senza perdere di vista l’orizzonte ideale di una società futuribile si può dire che fallisca il compito, non riuscendo ad essere né abbastanza concreto, né sufficientemente utopico.
Il problema è l’inadeguatezza del quadro sociologico di fondo: la totale incapacità dell’autore di cogliere le questioni di classe là ove si producono, nel meccanismo di autovalorizzazione del capitale, per ridurre il proprio “anticapitalismo” a vaghe suggestioni relative ad un non meglio identificato “classismo” o, addirittura, al “conformismo”. Questa lacuna di fondo determina, a cascata, tutti gli errori di prospettiva sul mondo della scuola e i tre grandi assenti di questo libro: il lavoro docente, la soggettività studentesca, l’universalità del sapere.
L’attacco ai docenti
Tipico di quelli che io chiamo “ultra pedagogisti” è il continuo attacco agli insegnanti considerati autoritari e recalcitranti all’aggiornamento professionale. Nella retorica di Raimo vediamo così convergere un linguaggio anarcoide e uno simil liberista.
Da un lato, infatti, gli insegnanti appaiono esclusivamente come portatori di autoritarismo. Una visione caricaturale e imbarazzante che diventa addirittura un vero e proprio sistema di interpretazione della realtà sociale. Raimo non si vergogna di affermare che l’autoritarismo scolastico è stato una delle cause del fascismo (p. 15, p. 98). Giustifica anzi questa sparata difendendo il punto di vista secondo cui non è la società a determinare la scuola, ma è la scuola che “determina la società”.
Di più, citando Dewey, sostiene che le istituzioni politiche vanno intese “come effetto e non come causa”. Questa idea, spacciata per un “punto di vista nuovo” altro…