La realtà del virtuale

Un drago che vola in un mondo virtuale vola davvero? E un oggetto rosso dentro un mondo virtuale è davvero rosso? È opinione diffusa che la “realtà” virtuale non sia davvero reale. In questo saggio l’autore, confutando a una a una tutte le possibili obiezioni dei non realisti, sostiene invece che il virtuale, pur avendo ovviamente una natura diversa dal mondo fisico, è perfettamente reale.
La realtà del virtuale

Quanto è reale la realtà virtuale? L’opinione più diffusa è che la realtà virtuale sia una sorta di realtà fittizia o illusoria, e che ciò che accade nella realtà virtuale non sia veramente reale. Come è noto, in Neuromante[1], William Gibson sostiene che il cyberspazio (cioè la realtà virtuale) è una «allucinazione consensuale». Spesso, quando si discute di mondi virtuali, agli oggetti virtuali vengono contrapposti gli oggetti reali, come se i primi non fossero veramente reali.

Io sosterrò il punto di vista opposto: la realtà virtuale è un tipo di realtà genuina, gli oggetti virtuali sono oggetti reali, e ciò che accade nella realtà virtuale è veramente reale.

Possiamo affrontare la questione attraverso una serie di domande: 1) Gli oggetti virtuali, come gli avatar e gli strumenti che si trovano in un tipico mondo virtuale, sono reali o fittizi? 2) Gli eventi virtuali, come una passeggiata in un mondo virtuale, hanno realmente luogo? 3) Quando percepiamo i mondi virtuali attraverso esperienze immersive di un mondo che ci circonda, queste esperienze sono illusorie? 4) Le esperienze in un mondo virtuale hanno lo stesso valore delle esperienze in un mondo non virtuale?

Possiamo dividere le risposte a queste domande in due gruppi. Il gruppo che possiamo chiamare realismo virtuale sostiene che:

(1) Gli oggetti virtuali esistono davvero.

(2) Gli eventi nella realtà virtuale hanno luogo realmente.

(3) Le esperienze nella realtà virtuale non sono illusorie.

(4) Le esperienze virtuali hanno lo stesso valore delle esperienze non virtuali.

Il gruppo che possiamo chiamare non-realismo virtuale sostiene che:

(1) Gli oggetti virtuali non esistono realmente.

(2) Gli eventi nella realtà virtuale non hanno realmente luogo.

(3) Le esperienze nella realtà virtuale sono illusorie.

(4) Le esperienze virtuali hanno meno valore delle esperienze non virtuali.

Ciascuna delle quattro tesi di ogni gruppo è separabile dalle altre, ed è possibile sostenerne solo una o due, anche se di norma …

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.