Il mercato chiamava e Bill Clinton rispose

Le forze della finanza, dell’imprenditoria, del commercio e della tecnologia informatica cui si dovevano la crescita e la prosperità degli anni ’90 della presidenza Clinton erano, secondo la visione dominante, perfettamente in grado di sostituire le forme tradizionali di welfare. I poveri, i neri, tutti i discriminati, dovevano essere assorbiti dal e nel mercato, integrandosi disciplinatamente nel sistema capitalistico. Vent'anni dopo, misuriamo i danni che quell'approccio ha prodotto.

Può non essere vero un aneddoto raccontato da Giulietto Chiesa, secondo cui Bill Clinton – all’epoca ex governatore dell’Arkansas e candidato democratico alla Presidenza degli Stati Uniti – sarebbe stato un giorno convocato da un gruppo di finanzieri e banchieri ‘in un noto ristorante di Manhattan, non lontano dalle Twin Towers’. Gli anfitrioni gli avrebbero spiegato che – se davvero voleva diventare Presidente – il candidato democratico doveva impegnarsi a promuovere, da subito, la piena e libera circolazione del capitale, interprete della supremazia americana nel mondo. ‘Lo sventurato rispose’. Il lapidario, manzoniano commento di Chiesa.
Che Clinton sia stato poi sventurato come la monaca di Monza, è assai discutibile, mentre può dirsi che effettivamente l’uomo venuto dal Sud mantenne quella promessa, e che proprio da quella promessa mantenuta sono derivate all’America e al mondo intero non poche sventure.

Quanto a Bill Clinton, può forse riconoscersi in lui uno dei presidenti americani più fortunati. Oltre a non essere stato assassinato o vittima di attentati, oltre ad avere superato indenne una serie di scandali e scandaletti ‘privati’, ebbe la buona sorte – non si sa quanto voluta o incoraggiata – di salire al potere in un momento di grande, impetuosa ascesa economica del suo Paese. Ma ebbe – Clinton – anche la buona sorte di uscire di scena prima di essere chiamato a governarne la caduta, altrettanto rovinosa, seguita in particolare allo scoppio della ‘bolla’ economico-finanziaria dei subprime.
Questa circostanza può spiegare le valutazioni contrastanti circa la presidenza Clinton, che potremmo chiamare di ’Billary Clinton’, dato il ruolo avuto in quella presidenza e oltre dalla moglie Hillary. Alcuni ne esaltano la cavalcata vittoriosa, il ‘surfing’ sull’onda dell’eccellente stato di salute dell’economia; altri individuano in lui il responsabile – a distanza di tempo – dei suc…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.