Sylvia Plath: storia di una poetessa che fu baciata dalla Morte 

Sessant'anni fa il suicidio di Sylvia Plath, poetessa e icona scoperta e amata soprattutto dopo la morte, al termine di un'esistenza tormentata dalla depressione ma raccontata attraverso una scrittura poetica scarnificante, viva più che mai.

La tragedia la conosciamo, anche se ogni volta restiamo sgomenti. L’undici febbraio 1963, a una mese dalla pubblicazione del suo unico romanzo La campana di vetro e a soli trent’anni, Sylvia Plath si tolse la vita, infilando la testa nel forno di casa e abbandonandosi all’inalazione di gas. Sono i dettagli, però, a impressionarci: la poetessa – apprezzata più da defunta che da viva, bisogna dirlo – aveva però prima sigillato la stanza dei suoi due figli, Frieda Rebecca e Nicholas, ne aveva spalancato le finestre e aveva preparato per loro la colazione: pane, burro e latte. Cosa significa questo gesto: una riparazione, il conforto a una forma di rimorso, il desiderio di proseguire l’accudimento o la dimostrazione che il suo non fosse un tentato suicidio, ma una richiesta di soccorso, come alcuni sostengono?

Non lo sapremo mai e non è questo il punto, così come è dannoso (oltre che sciocco) far coincidere la sua poetica con l’estremo gesto. Certo la morte fu uno dei demoni che la accompagnò durante la sua esistenza fin dalla precoce dipartita del padre, Otto Plath, con cui la bimba intratteneva un rapporto conflittuale (lui, filonazista ed autoritario, diceva in giro che avrebbe preferito un maschio al suo posto). In realtà anche con la madre le cose non andavano benissimo, tanto che Sylvia dichiarò di odiarla, salvo poi amarla intensamente. Interessante, però, la poesia Daddy, per l’appunto dedicata al padre, di cui riporto i versi finali, tradotti da Giovanni Giudici:

Nel tuo cuore c’è un palo conficcato.
Mai i paesani ti hanno amato.
Ballano e pestano su di te.
Che eri tu l’hanno sempre capito.
Papà, carogna, ho finito.

Nel 1953, a 21 anni Sylvia manifesta già i segnali di una sorta di depressione e abulia. Nella casa alla periferia di Boston trascorre le giorna…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.