Viviamo il tempo della policrisi globale e non abbiamo strumenti per affrontarla

Guerra, crisi energetica, pandemia, cambiamento climatico, crollo della biodiversità, disuguaglianze e instabilità politica: secondo un gruppo di ricercatori non è un caso che queste crisi oggi si presentino insieme. Occorre pertanto studiare le relazioni causali, oggi sottostimate, che le rafforzano e ripensare le strutture amministrative che le dovrebbero gestire.

Il 2022 è stato l’anno della policrisi globale. Cosa significa? Verrà certamente ricordato per l’invasione russa dell’Ucraina, i prezzi dell’energia che sono schizzati alle stelle e il ripresentarsi di un rischio di guerra nucleare che si pensava ormai relegato al secolo scorso. Tuttavia sullo sfondo della crisi energetica e di quella geopolitica, altre crisi hanno continuato, più o meno sottotraccia, la loro lenta corsa. Sicuramente tra queste c’è quella pandemica di un virus di cui troppe volte si è decantata la sconfitta, ma che proprio all’inizio del nuovo anno ha riportato in alto i tassi di trasmissione, soprattutto in Paesi come la Cina o gli Stati Uniti dove è tornato ad allarmare le autorità sanitarie.

Sul finire del 2022 si sono tenuti anche due importanti meeting internazionali, uno a Sharm el-Sheikh e l’altro a Montreal, che ci ricordano che senza decise e coraggiose politiche per la tutela dell’ambiente il cambiamento climatico da una parte renderà sempre più difficili le condizioni di vita in intere aree del pianeta e il crollo della biodiversità dall’altra farà venire meno essenziali servizi ecosistemici da cui oggi, spesso inconsapevolmente, le nostre società traggono buona parte del loro benessere.

Queste crisi hanno un impatto diverso a seconda di quanto le comunità sono attrezzate per affrontarle. In altri termini aumentano le disuguaglianze tra aree ricche e aree povere del pianeta. Questo a propria volta alimenta in modo crescente i flussi migratori, che a loro volta fomentano pulsioni nazionaliste e ideologie estremiste, che possono generare un’instabilità politica che accresce, chiudendo il cerchio, un’instabilità finanziaria già innescata dagli alti prezzi dell’energia da cui eravamo partiti.

Solitamente il termine che meglio descrive la sovrapposizione simultanea di una crisi all’altra è tempesta perfetta. Tuttavia, secondo un gruppo di ricercatori del Cascade Institute della Royal Roads University di Victoria, in Canada, dell’Istituto per gli studi avanzati sulla sostenibilità (IASS) e di quello per le ricerche sugli impatti climatici (PIK) di Potsdam, in Germania, la simultaneità con cui oggi si presentano queste crisi, originate in ambiti diversi, è con ogni probabilità tutt’altro…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.