La politica identitaria come pericolo per la democrazia

L’attacco di Putin all’Ucraina è anche un attacco alla società aperta. Tuttavia, il leader russo non è affatto solo nella sua propaganda nazional-religiosa. L’elemento unificante di questa “Internazionale dei nazionalisti” è un mix estremamente pericoloso di nazionalismo sciovinista e valori religiosi reazionari. Un approccio identitario a cui anche la sinistra, paradossalmente, non è estranea.
Politica identitaria

Putin e la forza del mito

La cosa più sorprendente dell’invasione russa dell’Ucraina è stata la sorpresa dei politici occidentali al suo cospetto. Sembrava che fino alla fine non si fossero accorti di quanto Vladimir Putin avesse preparato da tempo e con precisione le basi per l’escalation. La guerra infatti era stata preparata a lungo, non solo sul piano economico e militare, ma anche su quello socio-culturale: negli ultimi vent’anni i cittadini russi sono stati sistematicamente indottrinati verso un’”identità russo-ortodossa”, sulla base della quale è stato possibile creare quella “intolleranza nei confronti di specifici gruppi di persone” che si è poi incarnata nella guerra contro l’Ucraina.

È almeno dall’estate del 2021, quando Putin ha pubblicato il suo ampio saggio Sull’unità storica dei russi e degli ucraini, che gli osservatori più attenti avrebbero dovuto cogliere i segnali della guerra. Ma, ancora una volta, la politica occidentale non ha preso sul serio la “potenza del mito”, come già accaduto in passato con la valutazione sbagliata dell’islamismo. Non ha saputo o voluto capire perché il leader del Cremlino evocava l’ideologia della “sacra Rus’“ e perché descriveva la fede ortodossa come un legame indissolubile che lega i russi, i bielorussi e gli ucraini in una sorta di “comunità di destino mitologica”.

Certamente: Putin ha utilizzato e utilizza l’ideologia della sacra Rus’ non ultimo per proteggere il suo sistema di governo mafioso dalle contestazioni democratiche. Ma questo da solo non spiega l’ossessione del leader russo. Già durante il suo primo mandato da presidente, Sergei Chemesov, l’ex capo del KGB di Putin a Dresda, aveva definito il suo ex subordinato come un “dono di Dio” che avrebbe messo fine alle grandi sofferenze del popolo russo. Nel frattempo, sembra che lo stesso Putin abbia iniziato a credere davvero a questa favola. Le sue dichiarazioni e azioni degli ultimi anni lasciano intendere che si consideri davvero come il “salvatore inviato da Dio” incaricato di ricreare “il sacro Impero russo” e di fare di Mosca la “terza e ultima Roma” che i fanatici ortodossi sognano da secoli.

Non a caso, Putin fa affidamento sulla dottrina di Stato “ortodossia, autocrazia e nazionalità” del reazionario zar Nicola I. Come Nicola I, anche Putin punta sull’unità del trono e dell’altare. E lo si vede non tanto nel fatto che ha fatto costruire e rinnovare più chiese ortodosse di qualsiasi altro sovrano russo prima di lui, ma soprattutto nel patto ideologico stretto molti anni fa: nel 2006 Putin ha lanciato insieme al patriarca di Mosca Kirill I la Dichiarazione sui diritti umani e la dignità umana del Consiglio panrusso del popolo, che è altrettanto oscura come la (molto più nota) Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam: mentre per …

Kant e l’intelligenza polimorfa: un messaggio per il mondo che verrà

Il 22 aprile di 300 anni fa nasceva Immanuel Kant, uno dei pensatori che più hanno influenzato la storia della filosofia. La sua intelligenza versatile e polimorfa, che lo ha portato a spaziare in tutti i campi del sapere, è ancora oggi di estrema attualità e può aiutare noi e le giovani generazioni a orientarci in un mondo che deve affrontare la sfida del cambiamento climatico. Un mondo da abitare consapevoli dei nostri limiti ma anche della nostra grandezza, che possiamo esplicare prendendo coscienza della necessità di perseguire un benessere non solo individuale ma soprattutto collettivo e orientato al bene.

Algoritmi: usarli senza esserne usati. Intervista a Tiziano Bonini ed Emiliano Treré

Oggi gli algoritmi influenzano pesantemente le nostre vite. Tutta una serie di azioni quotidiane, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, ne sono condizionate. Gli algoritmi non sono neutri bensì corrispondono a scelte, valori e impostazioni delle aziende che se ne servono. Ma non siamo condannati a subirne passivamente il funzionamento: così secondo Tiziano Bonini ed Emiliano Treré, che nel loro libro “Algorithms of Resistance: The Everyday Fight against Platform Power” (“Algoritmi di resistenza. La lotta quotidiana contro il potere delle piattaforme”), di prossima pubblicazione anche in Italia per Mondadori, spiegano che cosa sono gli algoritmi di resistenza e come possiamo servircene per rapportarci alla gig economy, e anche alla politica.

Macron, Draghi, Letta e il fallimento dell’Ue

Ormai perfino i più ardenti europeisti, come il Presidente francese Emmanuel Macron, Enrico Letta e Mario Draghi, sono costretti a riconoscere e a denunciare la decadenza dell’Europa, ovvero il fallimento – economico e geopolitico – di questa Unione Europea basata sull’euro e sull’austerità: peccato che così siano costretti a riconoscere implicitamente il loro stesso fallimento, e che le loro proposte non si pongano minimamente il problema né del grave deficit di democrazia interno all’Unione né dell’impoverimento delle classi lavoratrici e produttive. Anzi: propongono di riformare la UE grazie al potenziamento dei mercati finanziari deregolamentati.