La “Turchia del futuro” guarda al passato

La “Turchia del futuro”, uscita dalle urne lo scorso maggio, sembra essere un Paese che in realtà guarda al passato. La coalizione guidata da Kemal Kılıçdaroğlu non è riuscita a sfidare l’egemonia dell’Akp, il cui leader Recep Tayyip Erdoğan continua a “cambiare affinché nulla cambi”. La sua parabola sembra volgere al declino ma il suo sistema di potere regge a qualsiasi urto e sembra destinato a durare ancora a lungo. Forse, a sopravvivere al proprio stesso creatore.
Turchia

Erdoğan vince le elezioni, ma solo di misura. Dopo essere stato costretto al ballottaggio, infatti, il leader dell’Akp ha prevalso sullo sfidante repubblicano Kemal Kılıçdaroğlu di soli cinque punti percentuali, mostrando così l’immagine di una Turchia spaccata a metà. Eppure, forse proprio per questo, Erdoğan ha infine trionfato: come si può negare che la sua riconferma alla guida dello Stato non sia perfettamente legittimata dal punto di vista democratico? Le critiche di autoritarismo che gli sono state mosse dall’opposizione, e da buona parte dell’opinione pubblica internazionale, vengono cioè spazzate via dall’evidenza di una base di consenso reale e in buona misura “spontanea” che sorregge la compagine di governo al potere da oltre vent’anni. Con l’aggiunta che lo scorso maggio questa compagine si è rivelata tutto sommato rispettosa delle procedure di voto, senza indulgere in intimidazioni verbali o tentativi di brogli. Più che a un trionfo di Erdoğan, allora, si è forse assistito a una pesante sconfitta della coalizione che ha provato a contendergli l’egemonia: il “Tavolo dei sei” (così chiamato perché si trattava appunto dell’unione di sei forze politiche piuttosto diverse fra loro, dagli ultra-nazionalisti dello Iyi Parti alla sinistra filocurda dello Yeşil Sol Parti) non ha saputo offrire una proposta convincente per il futuro del Paese e non è riuscita a presentarsi come forza credibile di fronte ad alcune delle grosse difficoltà che attanagliano la società turca (e che, teoricamente, avrebbero dovuto costituire un grosso svantaggio per l’Akp): il terribile terremoto dello scorso febbraio che ha colpito le aree meridionali, provocando oltre 50mila morti e polemiche sulla gestione dell’emergenza, e la crisi economica, che da circa due anni sta facendo schizzare l’inflazione e ha causato un forte incremento del costo della vita.  

È difficile dunque fornire un’interpretazione univoca del voto. Per l’opposizione queste elezioni portavano con sé grandi aspettative di cambiamento, ma si sono rivelate infine una riconferma dell’esistente. Per Erdoğan e i suoi sostenitori si trattava di dare un volto al “nuovo secolo della Turchia” (il 2023 è infatti il centenario della fondazione della Repubblica) e di consacrare l’Islam politico o “liberalismo Islamico” dell’Akp quale unico sistema di sviluppo possibile, ma i risultati non assomigliano certo a un plebiscito e sarà difficile non tenere in conto la larga fetta di popolazione che non vede di buon occhio un tale progetto. Anzi, stando ai diversi indicatori, il Paese sembra essere tutt’altro che in una fase espansiva: finito il periodo delle “tigri anatoliche”, che hanno trainato la crescita economica fino alla prima de…

“L’Ucraina è il campo di battaglia su cui si gioca il futuro dell’Europa”. Intervista a Karl Schlögel

In un’intervista esclusiva rilasciata a margine della presentazione all’Ehess di Parigi del suo nuovo volume in francese sulla guerra in Ucraina – “L’avenir se joue à Kyiv. Léçons ukrainiennes” (“L’avvenire si gioca a Kiev. Lezioni ucraine”) –, lo storico tedesco Karl Schlögel evidenzia l’importanza per l’Europa della guerra di liberazione dell’Ucraina. “È il popolo ucraino, attaccato dalla Russia neo-totalitaria e dal russofascismo, a resistere in prima linea per l’Europa. Combattendo per la sua libertà, difende anche la nostra”.

La Bestia del nuovo fascismo. Intervista a Paolo Berizzi

Paolo Berizzi, giornalista di “Repubblica” che da anni conduce inchieste sul nuovo fascismo, ha recentemente pubblicato per Rizzoli il libro “Il ritorno della Bestia. Come questo governo ha risvegliato il peggio dell’Italia”. Il ritorno della Bestia non coincide con quello del fascismo storico ma con quello di un fascismo nuovo, pop, che però con il primo condivide alcune caratteristiche, le peggiori che l’Italia abbia espresso e continua a esprimere. Ne parliamo con l’autore, che vive da anni sotto scorta in seguito a minacce di gruppi neofascisti e neonazisti.

Libia, un Paese instabile alla mercé degli interessi stranieri

Il 16 maggio 2024 ricorre il decimo anniversario del lancio, da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, dell’offensiva chiamata Operazione Dignità. Con l’occasione ripercorriamo le tappe fondamentali del decennio appena trascorso per contestualizzare lo stato attuale della Libia. O meglio, delle Libie.