Haymarket, Chicago, 1886. Alle origini della festa dei lavoratori

Quasi nessuno lo ricorda ma la festa dei lavoratori fu istituita a Parigi, nel 1889, per ricordare il martirio degli anarchici di Chicago avvenuto tre anni prima.

È paradossale che il 1° maggio sia celebrato come festa dei lavoratori in quasi tutto il mondo, ma non negli Stati Uniti, da dove ha tratto origine. D’altronde tutta la storia di questa festa ha qualcosa di sconcertante: quasi nessuno infatti ricorda che fu istituita a Parigi per ricordare il martirio degli anarchici di Chicago. 

Torniamo dunque nella capitale francese, dove il 14 luglio del 1889 l’Internazionale dei lavoratori teneva il suo Congresso per il centenario della presa della Bastiglia, a ricordo della Rivoluzione francese. Un anniversario che la Terza Repubblica festeggiava con l’Esposizione universale e, in occasione di essa, con l’inaugurazione della Torre Eiffel, vituperata come obbrobrio che deturpava la Ville Lumière: tra parentesi, quale differenza con il modesto bicentenario “celebrato” un secolo dopo, nel 1989, quando il revisionismo storico ha cercato d’imporre l’idea che noi ora staremmo molto meglio se quella Rivoluzione non ci fosse mai stata (e il regime feudale vigesse ancora, andrebbe aggiunto). Ma per situarci meglio nello spirito repubblicano e coloniale dell’epoca, ricordiamo che allora l’opinione pubblica andava matta per gli zoo umani: in quell’Expo, sulla spianata des Invalides fu creato un “villaggio negro” di 400 “selvaggi”, con africane deportate direttamente dal Gabon che allattavano in pubblico i loro neonati (altrove era ricreato anche un suk egiziano). 

Non sappiamo se nelle pause delle loro riunioni anche i rappresentanti dei lavoratori andassero a visitare lo zoo umano. Quello che sappiamo è che già allora emergeva irreprimibile la vocazione della sinistra a scindersi in fazioni: a Parigi infatti a riunirsi furono ben due Congressi dei lavoratori, uno, della fazione maggioritaria, chiamato dei “marxisti” e uno dei “possibilisti”. Il Congresso marxista fu aperto da Paul Lafargue, genero di Karl Marx e autore di Il diritto alla pigrizia, e fu presieduto da Wilhelm Liebknecht (il padre di Karl, leader della rivolta spartachista, ucciso insieme a Rosa Luxemburg nel 1919) e da Édouard Vaillant, un veterano della Comune di Parigi (di cui quest’anno si celebra il 150° anniversario). 

Quel Congresso “marxista”, considerato l’atto di fondazione della Seconda Internazionale, approvò diverse mozioni sulle condizioni di lavoro di donne e bambini, sul lavoro notturno, sulle …

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.