Israele, Hamas e la voce di Hezbollah

Al ventottesimo giorno dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas, il leader del partito di Hezbollah Hassan Nasrallah ha aperto con un suo discorso “a ogni possibile scenario” sul fronte libanese. Ma le sue parole, nonostante la minacciosità, sono state oculatamente scelte per evitare di scatenare una escalation o una guerra su larga scala.

(TRIPOLI, Libia) Alle 3 del pomeriggio di venerdì 3 novembre, “il Sayyed” ha parlato. Le scuole e gli uffici del sud del Libano sono rimasti chiusi, in previsione di una rapida escalation di violenza che ci si aspetta ormai da settimane, e che in molti villaggi è già esplosa, sfollando già 30mila persone verso aree più sicure. Nella periferia sud di Beirut, in piazza Ashura, dagli altoparlanti risuonano i canti di guerra di Hezbollah, mentre su uno schermo gigante vengono visualizzate immagini delle operazioni dei militanti e dell’attacco di Hamas contro Israele dello scorso 7 ottobre. A destra dello schermo viene visualizzato il testo: “martiri sulla via di Gerusalemme”, mentre a sinistra sono mostrati i volti di circa 50 membri del partito uccisi dall’inizio del conflitto.

Alle tre linee rosse precedentemente annunciate dal partito come invalicabili dal nemico israeliano, pena la ritorsione da parte delle milizie filoiraniane – e cioè la distruzione di Hamas, lo sfollamento della popolazione di Gaza e la distruzione dell’enclave costiera – se ne è aggiunta una quarta: l’escalation militare al confine libanese, specialmente alla luce delle decine di miliziani morti in battaglia nelle ultime settimane, alla cui gloria il leader Nasrallah ha dedicato l’apertura dell’atteso discorso, reclamando, con toni fortemente retorici, il loro posto di “vincitori in paradiso”. Nella “sottomissione al martirio”, ha affermato, “si cela la nostra vera forza, irremovibile convinzione, di essere pronti al sacrificio”.

È la nota strategia oratoria dei discorsi di Hassan Nasrallah, abile comunicatore e veicolo di ambigui messaggi politici, spesso investiti di termini religiosi.

Aprendo alle cause che hanno portato allo scoppio dell’Operazione Al–Aqsa – e cioè i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, l’occupazione della città santa di Gerusalemme, l’assedio della Striscia di Gaza e l’espansione degli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata – e riconoscendone la giustizia e riuscita, ha affermato: “questa operazione è il risultato di una decisione e di un’esecuzione al cento percento palestinese”. Ne ribadisce, dunque, il supporto ma negando qualsiasi coinvolgimento regionale o internazionale, smentendo la teoria avanzata da molti che l’operazione fosse al servizio degli obiettivi iraniani nella regione circa i negoziati sul nucleare: “La Repubblica Islamica dell’Iran sostiene apertamente i movimenti di resistenza in Libano, Palestina e nella regione, ma non esercita il controllo sulla loro leadership”, afferma Nasrallah, rifacendosi al numero senza precedenti di miliziani uccisi come prova della genuinità e indipendenza della resistenza libanese, così …

“L’Ucraina è il campo di battaglia su cui si gioca il futuro dell’Europa”. Intervista a Karl Schlögel

In un’intervista esclusiva rilasciata a margine della presentazione all’Ehess di Parigi del suo nuovo volume in francese sulla guerra in Ucraina – “L’avenir se joue à Kyiv. Léçons ukrainiennes” (“L’avvenire si gioca a Kiev. Lezioni ucraine”) –, lo storico tedesco Karl Schlögel evidenzia l’importanza per l’Europa della guerra di liberazione dell’Ucraina. “È il popolo ucraino, attaccato dalla Russia neo-totalitaria e dal russofascismo, a resistere in prima linea per l’Europa. Combattendo per la sua libertà, difende anche la nostra”.

La Bestia del nuovo fascismo. Intervista a Paolo Berizzi

Paolo Berizzi, giornalista di “Repubblica” che da anni conduce inchieste sul nuovo fascismo, ha recentemente pubblicato per Rizzoli il libro “Il ritorno della Bestia. Come questo governo ha risvegliato il peggio dell’Italia”. Il ritorno della Bestia non coincide con quello del fascismo storico ma con quello di un fascismo nuovo, pop, che però con il primo condivide alcune caratteristiche, le peggiori che l’Italia abbia espresso e continua a esprimere. Ne parliamo con l’autore, che vive da anni sotto scorta in seguito a minacce di gruppi neofascisti e neonazisti.

Libia, un Paese instabile alla mercé degli interessi stranieri

Il 16 maggio 2024 ricorre il decimo anniversario del lancio, da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, dell’offensiva chiamata Operazione Dignità. Con l’occasione ripercorriamo le tappe fondamentali del decennio appena trascorso per contestualizzare lo stato attuale della Libia. O meglio, delle Libie.