Etica d’una guerra partigiana

Fascismo e Resistenza non rappresentano solo due momenti storici, ma costituiscono due ‘antropologie’ radicalmente agli antipodi, divise da un’alterità incolmabile. Purtroppo, però, mentre l’antropologia fascista sembra parte integrante del corredo ‘genetico’ degli italiani, lo ‘spirito della Resistenza’ – che impone capacità critica, libertà di pensiero, autonomia – è stato un’anomalia per il nostro paese. Che non a caso, infatti, l’ha sostanzialmente lasciato cadere nell’oblio.

VAI ALLO SPECIALE DI MICROMEGA+ DEDICATO A FRANCO CORDERO

Da MicroMega 3-2015

Gli strateghi confabulano

Discorsi sul passato, presente, futuro degli Stati sottintendono una genetica più o meno attendibile: ad esempio, che le sorti italiane dipendano da una stella inaffondabile. Così Adolf Hitler rassicura i cortigiani domenica sera 7 dicembre 1941, quando la controffensiva russa davanti a Mosca evoca l’incubo d’una catastrofe napoleonica: impossibile, perché il Reich ha due alleati; in tremila anni il Sol Levante non ha mai perso guerre; l’Italia le perde tutte ritrovandosi alla fine tra i vincitori. Arroccati in tale assioma, i vertici militari e l’augusto sovrano nella tarda estate 1943 conducono alla catastrofe esercito e paese. Dal 25 luglio Mussolini è prigioniero, avendo governato vent’anni, otto mesi, venticinque giorni. L’Italia, satellite esausto, spera d’uscire dalla guerra ma Hitler vuol usarla come bastione meridionale: affluiscono indisturbate divisioni tedesche; ed esistono i piani d’una fulminea mainmise (in codice, Achse). Sono in co…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.