Ecuador, la necessaria e rischiosa guerra dello Stato ai narcos

Il Paese che negli anni Novanta era considerato l’unica oasi di pace nella costa del Pacifico latinoamericana oggi si è convertito nel più violento del Continente. Cosa è successo? Un reportage da Guayaquil per raccontare la “mala suerte” dell’Ecuador, che si è trovato all’incrocio fra il fallimento della versione locale del “socialismo del Ventunesimo secolo”, la crisi socio-economica e il bisogno dei cartelli della droga di trovare nuove rotte.

(Guayaquil). Ha piovuto molto nelle ultime due settimane. Le strade sono quasi vuote, un fatto inedito per questa città bagnata dal Pacifico. Sembra che le lancette siano tornate indietro all’epoca della pandemia da Covid, che colpì duramente il Paese e costrinse molte persone a rimanere a casa per evitare il contagio. Ma non è di certo un po’ di pioggia, né la diffusione di un nuovo virus a spingere la gente a non uscire dalle proprie abitazioni. Guayaquil, tra le più importanti metropoli dell’Ecuador, è conosciuta per il suo porto, lo snodo fondamentale da dove parte la cocaina che arriva in Europa e negli Stati Uniti. E oggi è anche l’epicentro della violenza delle bande dei narcos. “C’è poca gente per le vie della città, perché ha paura”, mi racconta Jamil, mio vecchio collega di master e ora politologo e avvocato. “Ci sono i militari nelle strade e molti negozi rimangono chiusi per paura di subire atti vandalici”, prosegue. Nonostante tutto, lui cerca di proseguire la sua vita con normalità. Certo, con timore. Dalle sue parole si percepisce anche una certa stanchezza verso questo clima di insicurezza che attanaglia l’Ecuador da  qualche anno. Negli anni Novanta il Paese andino – incastonato tra Colombia e Perù, i due principali produttori di cocaina al mondo – era considerato un’oasi di pace. Oggi si è trasformato nel Paese più violento dell’America Latina.

La nuova ondata di violenza
Questa nuova ondata di violenza è partita lo scorso 7 gennaio quando dal carcere di massima sicurezza di Guayaquil la polizia penitenziaria si è “accorta” della scomparsa di José Macias Villamar, detto “Fito”, leader de Los Choneros, la più pericolosa banda criminale ecuadoriana, legata al cartello messicano di Sinaloa. Il nome della gang era già comparso lo scorso agosto nelle pagine esteri della stampa internazionale per l’omicidio del candidato presidenziale di centro, Fernando Villavicencio. La fuga di “Fito” ha innescato una serie di rivolte nelle strutture carcerarie di diverse città, tanto da indurre il neo presidente, Daniel Noboa, a dichiarare il 9 gennaio lo stato di emergenza. Da quel momento si è assistito ad atti vandalici, esplosioni, sparatorie, sequestri di persona negli ospedali e nelle scuole, in diverse province del Paese. Lo stesso giorno, sono state segnalate diverse evasioni di criminali di alto profilo. Uno di questi è Fabricio…

“L’Ucraina è il campo di battaglia su cui si gioca il futuro dell’Europa”. Intervista a Karl Schlögel

In un’intervista esclusiva rilasciata a margine della presentazione all’Ehess di Parigi del suo nuovo volume in francese sulla guerra in Ucraina – “L’avenir se joue à Kyiv. Léçons ukrainiennes” (“L’avvenire si gioca a Kiev. Lezioni ucraine”) –, lo storico tedesco Karl Schlögel evidenzia l’importanza per l’Europa della guerra di liberazione dell’Ucraina. “È il popolo ucraino, attaccato dalla Russia neo-totalitaria e dal russofascismo, a resistere in prima linea per l’Europa. Combattendo per la sua libertà, difende anche la nostra”.

La Bestia del nuovo fascismo. Intervista a Paolo Berizzi

Paolo Berizzi, giornalista di “Repubblica” che da anni conduce inchieste sul nuovo fascismo, ha recentemente pubblicato per Rizzoli il libro “Il ritorno della Bestia. Come questo governo ha risvegliato il peggio dell’Italia”. Il ritorno della Bestia non coincide con quello del fascismo storico ma con quello di un fascismo nuovo, pop, che però con il primo condivide alcune caratteristiche, le peggiori che l’Italia abbia espresso e continua a esprimere. Ne parliamo con l’autore, che vive da anni sotto scorta in seguito a minacce di gruppi neofascisti e neonazisti.

Libia, un Paese instabile alla mercé degli interessi stranieri

Il 16 maggio 2024 ricorre il decimo anniversario del lancio, da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, dell’offensiva chiamata Operazione Dignità. Con l’occasione ripercorriamo le tappe fondamentali del decennio appena trascorso per contestualizzare lo stato attuale della Libia. O meglio, delle Libie.