Nonostante Platone, Adriana Cavarero smaschera l’ordine patriarcale

Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi.

È stato da poco ripubblicato dalla casa editrice Castelvecchi uno dei grandi classici del pensiero filosofico contemporaneo sulla differenza sessuale, Nonostante Platone, di Adriana Cavarero, dato alle stampe per la prima volta nel 1990. Il suo lavoro, com’è noto, si inserisce in un filone di studi che da Simone De Beauvoir a Judith Butler, passando per Luce Irigaray, ha cercato di strappare la donna alla marginalità culturale che le ha impedito di emergere dal silenzio della storia, una storia dominata, letteralmente e metaforicamente, dall’ordine simbolico del patriarcato e che ha fatto della sua presenza un’assenza inscusabile. La storia, d’altronde, è pensata, costruita e tramandata dagli uomini per gli uomini. È storia della potenza maschile: ciò ha inibito la possibilità di una discussione plurale che contemplasse il femminile, sottratto al dibattito, e ha perpetuato un ordine gerarchico fondato su rapporti stratificati e passati come immodificabili. La donna non è stata soggetto di pensiero, di azione, di proposizione, ma neppure oggetto di interesse. Il quadro simbolico, d’altro canto, scrive Cavarero, decide la rappresentazione del femminile sulla centralità maschile, di modo che “ogni figura di donna si trova a giocare un ruolo il cui senso sta nei codici patriarcali che glielo hanno assegnato.” In questo teatro imposto dal soggetto maschile, le donne risultano oggetto del pensiero altrui, costrette a riconoscersi nell’immaginario dell’altro.

Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi. “Io scrivo – ha dichiarato Cavarero – per le nuove generazioni”. E infatti Nonostante Platone è presentato come un “libro felice” perché si colloca “nel punto importante in cui dalla negatività della decostruzione si muta nella positività dell’affermazione”.

In esso l’autrice rintraccia quattro figure, femminili, del nostro portato classico da Omero a Platone: Penelope, la servetta tracia, Demetra e Diotima. Le riprende, anzi, le “ruba” (confessando di non essere in grado di inventarne) dal contesto in cui sono state create e le fa agire, dà loro un ruolo diverso, una persona…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.