Passano i giorni, i mesi, gli anni e la situazione nelle regioni orientali della Repubblica democratica del Congo (Rdc) sembra rimanere ferma nel tempo. Negli ultimi mesi i miliziani dell’M23 hanno ricominciato ad avanzare su Goma, capoluogo del Nord Kivu. Dopo ripetuti colloqui di pace tra la fine del 2022 e i primi sei mesi del 2023, sembrava che i ribelli si fossero fermati e che anzi avessero anche ritirato i propri uomini da alcune delle posizioni conquistate. Con il nuovo anno l’offensiva dell’M23 è ricominciata, arrivando, il mese scorso, a conquistare la città di Sake a 25 chilometri da Goma. Nel giro di un mese l’avanzata della milizia ribelle ha prodotto più di 250mila nuovi sfollati, che si sono diretti verso i campi profughi alla periferia di Goma, dove già vivono più di mezzo milione di persone. Queste si aggiungono ai sette milioni di congolesi fuggiti dalle proprie case per le violenze perpetuate dai più di 120 gruppi armati presenti nel Paese, dalle decine di contingenti militari di altri Stati africani schierati sul campo, dallo stesso esercito della Rdc e dai sempre più frequenti disastri ambientali.
Nel 2019 si tengono le prime elezioni democratiche in Rdc dall’indipendenza dal Belgio del 1960. A vincerle, con non poche poteste da parte degli oppositori, è il partito di Félix Tshisekedi, l’Udps. Nel 2021 il gruppo armato M23, che nasce nel 2011 e che nel 2012 conquista Goma per poi ritirarsi, incomincia una nuova offensiva verso il capoluogo del Nord Kivu. Tshisekedi cerca aiuto per fronteggiare l’insurrezione nell’Eastern african community (Eac), che schiera nelle regioni orientali della Rdc contingenti di Paesi membri come il Ruanda, l’Uganda e il Burundi. Ma non passa molto prima che Kinshasa capisca di essersi data in pasto al nemico. Infatti lo schieramento dei contingenti della Comunità dell’Africa orientale nelle regioni di confine della Rdc ha dato la possibilità al Ruanda, Paese militarmente più attrezzato della regione, di puntare allo sfruttamento dell…