Suicidio assistito: l’Emilia-Romagna e il diritto di scrivere il proprio finale

Le novità introdotte dalla giunta di Bonaccini sono un primo passo importante per applicare la storica sentenza della Consulta sul fine vita. Destra e associazioni cattoliche, però, hanno già presentato un ricorso al Tar.

Ogni vita è una storia e ogni storia ha un finale. In Italia, però, non a tutti è concesso di scrivere il proprio. E questo nonostante la Corte Costituzionale, con la sentenza 242 del 2019 emanata sul caso di dj Fabo, in realtà stabilisca, per le persone malate con specifici requisiti, la possibilità di ricevere un aiuto medico alla morte volontaria. Una decisione storica, che evidentemente non basta. Il Parlamento, infatti, da allora non ha ancora legiferato. Di conseguenza non esiste una norma a livello nazionale che garantisca ai malati terminali italiani l’accesso al suicidio medicalmente assistito in tempi certi: solo pochi giorni fa il governo ha bloccato la discussione di un disegno di legge del Pd, non presentandosi in Commissione al Senato. Subito dopo, Forza Italia ha presentato un’altra proposta che prevede criteri più restrittivi di quelli introdotti dalla Corte costituzionale nel 2019 (e che vorrebbe pure modificare la legge sul testamento biologico del 2017).

Teoricamente un diritto è stato riconosciuto, praticamente l’attesa per rendere effettivo questo riconoscimento, e quindi per la verifica delle condizioni da parte di Asl e Comitati etici territoriali, può diventare lunghissima. Per le persone malate, sprofondate nelle sofferenze più atroci, queste lungaggini si fanno spesso intollerabili, tanto da spingere chi se lo può permettere a mettere in atto il suicidio nei Paesi dov’è legale, come la Svizzera.

L’associazione Luca Coscioni, che da anni si batte per “l’affermazione delle libertà civili e dei diritti umani”, però non si arrende. Con la legge di iniziativa popolare “Liberi Subito” sta bussando alla porta delle Regioni, provando ad ottenere un pezzo essenziale di libertà per i cittadini affetti da patologie irreversibili che desiderano semplicemente smettere di soffrire. Il testo, che potrebbe essere discusso in metà delle Regioni italiane, prevede che queste persone ricevano una risposta da parte del servizio sanitario entro 20 giorni. In Veneto, nonostante il sostegno inaspettato del presidente leghista Luca Zaia, che aveva definito un’eventuale legge sul fine vita “un fatto di civiltà”, la porta è rimasta chiusa dopo un rinvio in commissione, che probabilmente si tradurrà in un affossamento della proposta. In Emilia-Romagna, invece, qualcosa si è mosso.

Due atti e una svolta

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.