L’imprenditoria dissidente: Confindustria Napoli contro l’autonomia differenziata

Ci sono segmenti di potere imprenditoriale, come è il caso di Confindustria e in particolare di alcuni rami di Confindustria al sud Italia, che stanno esprimendo senza remore la loro contrarietà al disegno di legge sull’autonomia differenziata. In questo documento di Confindustria Napoli, audita alla Commissione Affari Costituzionali della Camera il 26 marzo 2024, si mette in luce in particolare come sia interesse del Paese ridurre, piuttosto che incrementare, i divari socio-territoriali, e determinare le condizioni per la creazione di maggiore ricchezza nelle aree distanti dalla media nazionale riguardo a indicatori come reddito e PIL pro capite. L’Autonomia differenziata procede, in questo senso, nella direzione sbagliata.

Pubblichiamo la memoria integrale di Confindustria Napoli indirizzata alla I Commissione Affari Costituzionali della Camera, relativa al disegno di legge Calderoli 1665, già approvato al Senato.

La questione prioritaria sono i diritti di cittadinanza e i LUP, non l’autonomia!
Sull’autonomia differenziata occorre premettere una questione ineludibile. La sua attuazione nel rispetto della Costituzione, come innovata dalla riforma del Titolo V, non può essere ritenuta prioritaria rispetto ad altri principi costituzionali di carattere più generale e di interesse per lo Stato, come il riconoscimento concreto dei diritti di cittadinanza, attraverso la definizione di Livelli Uniformi di Prestazione (LUP e non LEP!), fabbisogni e costi standard.
In tal senso, a prescindere dalla necessità di delimitare i contenuti della possibile attribuzione di nuove competenze alle Regioni richiedenti l’autonomia differenziata, è di elementare evidenza che ipotizzare il trasferimento di competenze commisurando l’attribuzione di nuove risorse alle Regioni sulla base del criterio della spesa storica, equivale a disconoscere l’esigenza indifferibile di porre rimedio a guasti sociali e territoriali provocati dall’incompleta attuazione del Titolo V: mancata definizione dei LEP (ma, come accennato, occorre parlare di LUP), mancata istituzione del Fondo perequativo.

Il ricorso al criterio della spesa storica ha aggravato il divario
Il risultato di una parziale attuazione del federalismo fiscale e del perdurante ricorso al criterio della spesa storica è stato l’aggravarsi del gap territoriale, finendo per legittimare ripartizioni di risorse pubbliche palesemente inique, come quelle che escludevano l’assegnazione di fondi per asili nido a territori in cui tali strutture non risultavano presenti.
I conti pubblici territoriali documentano inequivocabilmente come tali squilibri abbiano contribuito a scavare un solco tra le diverse aree del Paese. In tal senso, nell’ottica della ricerca di una coesione territoriale il cui perseguimento concreto è da anni richiesto all’Italia dalla stessa Unione Europea, la definizione di Livelli Uniformi di Prestazione, e l’assegnazione puntuale delle risorse finalizzate a consentire ai territori carenti dei fondi necessari di erogare le prestazioni che darebbero loro sostanza, devono essere un must per l’intero Paese.
È infatti interesse del Paese che, anche attraverso la riduzione dei divari socio-territoriali, si determinino condizioni per la creazione di maggiore ricchezza in aree profondamente distanti dalla media nazionale, riguardo a indicatori fondamentali come reddito e PIL pro capite. Non è dunque ammissibile che il processo per l’attuazione della autonomia differenziata possa scollegarsi da quello, fondamentale per il futuro non solo delle aree in ritardo, destinato a dare concretezza alla copertura dei fabbisogni standard, così come saranno individuati.

Va anzi ribadito come non sia sufficiente la definizione dei LEP. Occorre che sia assicurato il finanziamento degli interventi necessari ad assicurare l’effettivo conseguimento di LUP, in mancanza di disponibilità degli enti territoriali.

Il principio di invarianza per le finanze pubbliche impone nuovi tributi o tagli alla spesa
A questo proposito, risulta evidente che, non essendo possibile tagliare risorse a Regioni attualmente erogatrici di servizi già ampiamente superiori alla media nazionale, la previsione del ‘principio di invarianza’ per le finanze pubbliche contenuta nella bozza di legge per l’autonomia implicherebbe, per reperire i fondi aggiuntivi necessari, l’implementazione di nuovi tributi o la riduzione di spesa su scala nazionale.

A risorse assegnate inferiori corrispondono servizi inferiori
Andrebbe integrata anche la riflessione relativa ai criteri di accessibilità all’autonomia differenziata. È innegabile che vi siano aree del Paese in…

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