In Italia, la moda del cinema di kung fu non ha inizio con Bruce Lee, ma con un piccolo film intitolato Cinque dita di violenza, del 1972, subito famoso perché l’eroe con un colpo secco della mano trafigge i bulbi oculari del nemico. Altrettanto celebre diventerà il colpo corrispondente a difesa, con la mano rigida di taglio all’altezza del naso, per parare e respingere il tentativo di accecamento. Poi arriva Bruce Lee, e sopraggiunge subito la parodia con Franchi e Ingrassia, Ku fu? dalla Sicilia con furore, di Nando Cicero, del 1973.
Nelle periferie delle città italiane, accanto alle storiche palestre di boxe, e qualche scuola di judo o karate giapponese, iniziano a crescere come funghi i centri di addestramento di kung fu, dove la gioventù, di destra ma non solo, trova un ottimo esercizio fisico, una tecnica di combattimento e soprattutto una vera e propria filosofia dell’esistenza. Il motto dello stesso Bruce Lee, Be Water, è la sintesi della visione cinese della vita: l’acqua appare la cosa più fragile di tutte, ma è anche quella che con pazienza e perseveranza riesce ad abbattere qualsiasi ostacolo. Penetra ovunque. La disciplina dell’autocontrollo delle risorse del proprio corpo irrompe nell’immaginario italiano, e non solo. La gioventù si attrezza a sostenere il peso della vita. Si traccia un solco profondo tra apparenza e sostanza. Giovani individui apparentemente miti ed innocui sono in grado di sprigionare un’energia tale da spaccare i mattoni.
La prima cosa che adesso si osserva nell’interlocutore sono le nocche delle mani: se la pelle è secca e ridotta a un callo, è necessario fare attenzione a come si parla e ci si comporta. Chi si ha di fronte potrebbe infatti esplodere all’istante.
La figura di Bruce Lee, al di là dei film e dello spettacolo, rappresenta anche tutto questo. Se il malvivente comune ha l’obbligo di intimorire con il proprio aspetto, se deve spaventare a vista, il cultore di kung fu, l’emulo di Bruce Lee, è invece un Signor Nessuno. Anzi, nemmeno si nota, tanto è apparentemente dimesso. Nei film, specialmente i primi, a partire da Dalla Cina con furore, Bruce Lee viene spesso umiliato e sbeffeggiato dai cattivi, tanto il suo aspetto né preoccupa né allarma. Qualcosa di simile nel primissimo Clint Eastwood di Per un pugno di dollari, che Sergio Leone ha ripreso da un film giapponese di Akira Kurosawa, Jojimbo: vestito di un poncho dai fregi a labirinto (che lo stesso Leone dichiara di aver rubato a Goldoni e al suo Arlecchino servitore di due padroni), lo straniero di Eastwood è rigido e bloccato al sigaro che mastica per l’eter…