Trump Democrats

Mentre negli Stati Uniti si avvicinano le elezioni presidenziali del 2024, si apprezza sempre di meno la differenza politica fra le due candidature al momento più probabili, quelle di Donald Trump e Joe Biden. Entrambi sono legati a politiche di potenza e d’imperio dal punto di vista economico che hanno reso l’amministrazione Biden un sostanziale proseguimento di quella Trump sul terreno della politica estera, dell’economia da deglobalizzare, delle politiche sull’ambiente e persino per quanto riguarda le politiche xenofobe e anti-immigrazione. Fra le tante ragioni che si possono individuare per questo, ce n’è una ineludibile: la composizione ultra-classista della politica americana, il cui Senato in particolare è un’istituzione a ferrea difesa dell’interesse delle élite miliardarie.

È tempo di svelare un segreto di Pulcinella. Il presidente Joe Biden sta mettendo in atto le stesse identiche politiche che aveva inaugurato il suo acerrimo nemico, il vilipeso, deriso e incriminato Donald Trump, solo che lo fa suscitando molto meno clamore e in modo molto più deciso e brutale. In particolare, prosegue deciso sulla via della deglobalizzazione che tanto scalpore aveva suscitato quando l’aveva imboccata il Presidente dal parrucchino arancione.

Ha intensificato e reso più sistematica la guerra commerciale con la Cina (vedi l’articolo Circuiti di guerra di un anno fa) che Trump aveva scatenato con iniziative saltuarie, anche se altamente teatrali, come l’incriminazione e l’imprigionamento in Canada, per un periodo, della Chief Financial Officer di Huawei, Meng Wanzhou. Biden ha rincarato pesantemente la dose (l’ultima stretta sulle esportazioni di microchips è di una ventina di giorni fa). Se la guerra in Ucraina sembra dividere le due presidenze, l’accomunano invece i suoi effetti sull’Europa, come lo smantellamento – auspicato in modo totalmente bipartisan a Washington – della Ostpolitik tedesca (una politica perseguita con tenacia per più di mezzo secolo dalla Germania fin dal cancellierato di Willy Brandt), il disaccoppiamento delle economie tedesca e cinese e la rimessa in riga dell’Europa sotto l’egida della NATO.

L’amministrazione democratica segue nella deglobalizzazione quella repubblicana anche nei particolari: Trump aveva depotenziato la World Trade Organization (WTO) rifiutando di ratificare la nomina dei sette membri del suo Appeal Body, l’organo di ultima istanza per dirimere le controversie del commercio internazionale. Da allora il WTO è paralizzato e ha perso ogni rilevanza, con i democratici hanno continuato a bloccare la nomina dei suoi membri.

Stessa continuità nei rapporti con l’Arabia Saudita: dopo aver promesso in campagna elettorale che avrebbe fatto dei sauditi “un paria” per la barbara uccisione del giornalista Jamal Khashoggi in Turchia (2018), Biden è poi andato a Canossa (a Ryad) nel luglio 2022 a compiere atto di costrizione e nel marzo 2023 ha srotolato il tappeto rosso per accogliere il “paria” principe reggente Mohamed bin Salman a Washington.

Già ad agosto uno dei più autorevoli commentatori del Financial Times, Gideon Rachman aveva pubblicato un’analisi intito…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.