Il titolo del romanzo, Underground, è decisamente evocativo: lì infatti porta alla luce la resistenza sotterranea dei lituani contro l’occupazione dell’esercito sovietico. Cosa l’ha spinta a voler disseppellire questo pezzo di storia piuttosto ignorato?
Per molti decenni, nelle Americhe del Nord, la storia della Seconda guerra mondiale si è concentrata sulla lotta contro la Germania nazista nella parte occidentale dell’Europa e, in una certa misura, nel Nord Africa. Sono cresciuto con film e programmi televisivi sugli americani in combattimento, la Gran Bretagna sotto il Blitz, i canadesi nei Paesi Bassi e in Italia, soprattutto a Monte Casino, così come con le storie della resistenza francese. Erano scene tratte dal racconto di una guerra più o meno “buona” terminata nel maggio del 1945. Ciò che accadde a Est, nel territorio che lo storico Timothy Snyder definì Bloodlands, luoghi occupati prima dai sovietici, poi dai tedeschi e poi ancora di nuovo dai sovietici, non può essere definito semplicemente come una guerra “buona”. Le cose furono molto più complicate di così, con una massiccia repressione contro le popolazioni civili e allo stesso tempo la liberazione di ciò che restava degli ebrei d’Europa. E la guerra continuò lì, clandestinamente, per oltre una mezza dozzina di anni finché la resistenza armata locale non fu schiacciata. Sono stato al corrente di questa storia per tutta la mia vita adulta, e sapevo anche della resistenza partigiana, ma avevo bisogno di raggiungere un punto nella mia vita di scrittore in cui sentivo di poter riuscire a raccontarla, dovendo aspettare un momento storico in cui la storia poteva essere recepita in Occidente, dove per molto tempo la storia della lunga guerra senza “lieto fine” nell’Est ha riscosso scarso interesse. Ma le cose sono cambiate e, più recentemente, l’interesse è stato amplificato dopo la guerra tra Russia e Ucraina. Lo zeitgeist ora ci permette di volgere di nuovo lo sguardo alle storie che non sono state raccontate in passato.
Piuttosto che concentrarsi su grandi narrazioni storiche, il suo romanzo approfondisce la storia di un piccolo Paese appunto delle bloodlands, intrappolato tra due superpotenze, la Germania nazista e l’Unione Sovietica, durante la Seconda Guerra Mondiale. Ha scelto inoltre di narrarla attraverso la prospettiva di partigiani che, pur essendo eroi, sono principalmente individui comuni. Anche se le sue origini lituane probabilmente hanno influenzato l’ambientazione, quanto è significativo adottare il punto di vista delle nazioni più piccole e della gente comune nel descrivere accuratamente l’impatto brutale del potere e della violenza esercitati dalle grandi potenze?
Esiste una sorta di provincialismo proprio da Grande Potenza che ritiene che i luoghi importanti siano New York, Londra, Parigi ecc. e le loro province periferiche. Ogni spiaggia è vasta, ma l’universo è contenuto in ogni suo granello di sabbia, quindi è proprio in quel minuscolo granello che vado a cercare l…