Ombre del passato: la memoria dell’Olocausto oggi

L'Olocausto svolge un ruolo centrale nell'identità ebraica e allo stesso tempo la lezione che ne traiamo ha una portata universale. Tuttavia, la memoria dell'Olocausto non è immune da strumentalizzazioni, come vediamo anche di recente nel contesto del conflitto israelo-palestinese.

Il dovere della memoria

Pur essendo profondamente radicata nella storia ebraica, la lezione che ci viene dall’Olocausto ha una rilevanza universale. Essa costituisce un severo monito contro i pericoli dell’odio, della xenofobia, dell’autoritarismo e della tirannia. Questo aspetto universale della commemorazione dell’Olocausto è fondamentale per promuovere una concezione globale dei diritti umani e della dignità e per ribadire la necessità di vigilare contro l’oppressione in qualsiasi forma.

Tuttavia, la memoria dell’Olocausto non è immune da usi e abusi. Nel contesto del conflitto israelo-palestinese, assistiamo alla preoccupante tendenza alla strumentalizzazione dell’Olocausto.

Nel riflettere sul Giorno della Memoria in questo periodo tumultuoso, faremmo bene a tenere a mente il suo significato nel lungo periodo. Questo giorno trascende la semplice commemorazione delle atrocità del passato; richiede una riflessione sul ruolo dell’Olocausto nel plasmare la società e la politica contemporanee. In questa esplorazione, ci confrontiamo con domande sulla memoria, sull’identità e sulla strumentalizzazione della storia.

L’Olocausto svolge un ruolo centrale nell’identità ebraica, serve a ricordare gli indicibili orrori subiti e la resistenza dimostrata dagli ebrei europei. Questo oscuro capitolo della storia non rappresenta solo un trauma collettivo, ma costituisce anche una testimonianza di sopravvivenza e ci pone di fronte all’imperativo della memoria. Nel ricordare l’Olocausto, riaffermiamo l’obbligo di salvaguardare la verità di questa storia contro la negazione e la distorsione, assicurando che le voci delle vittime e dei sopravvissuti siano ascoltate, onorate e preservate.

L’attuale strumentalizzazione

Tuttavia, la memoria dell’Olocausto non è immune da usi e abusi. Nel contesto del conflitto israelo-palestinese, assistiamo alla preoccupante tendenza alla strumentalizzazione dell’Olocausto. I paragoni tracciati da entrambe le parti tra figure o azioni politiche contemporanee e quelle dei nazisti spesso semplificano eccessivamente e travisano realtà complesse. Questa strumentalizzazione della memoria non serve la verità storica ma le narrazioni politiche attuali, minando così il particolare significato storico dell’Olocausto e distorcendo allo stesso tempo la nostra comprensione degli eventi di oggi.

In Israele, i leader politici e i media si riferiscono ripetutamente ad Hamas definendoli “nazisti”, evocando così la memoria collettiva dell’Olocausto. Non si tratta di una novità: è infatti a…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.