La virata a destra di Macron segna la fine del macronismo?

L’elezione di Macron nel 2017 aveva rappresentato l’apice di un pensiero, diffuso, secondo cui i nuovi nazionalismi andavano combattuti superando la dicotomia destra-sinistra. Ma gli ultimi sviluppi politici francesi, e lo sfondamento ideologico dell’estrema destra, dimostrano che questa ipotesi è definitivamente tramontata.

È un pensiero immediato, forse scontato, ma non vi si può sfuggire. La sera del 24 aprile, in occasione della sua rielezione all’Eliseo, Emmanuel Macron sembrava avere un’idea piuttosto lucida del contesto in cui era maturato quel risultato: «So che molti dei nostri compatrioti oggi hanno votato per me non per sostenere le mie idee, ma per contrastare quelle dell’estrema destra. Voglio ringraziarli e dire loro che sono consapevole che questo voto mi obbliga per gli anni a venire». Nemmeno due anni dopo quell’elezione, le ultime vicende politiche francesi dimostrano che la diga potrebbe essere già crollata. E con essa l’intero impianto ideologico del macronismo.

Quello che è accaduto nella politica francese nelle ultime settimane può essere letto in diversi modi. Qualche parola va spesa, innanzitutto, per la grande sconfitta di questa fase politica, ovvero l’ormai ex Prima Ministra Élisabeth Borne. Si definisce “scogliera di cristallo” il fenomeno per cui, di fronte a periodi di grave crisi o ad alta possibilità di fallimento, si tende a lasciare il potere ad una donna che verrà “bruciata” dall’impopolarità delle decisioni da prendere. Una dinamica che Borne ha imparato a conoscere molto bene: il suo governo verrà ricordato per una delle riforme più duramente contestate degli ultimi anni – quella sulle pensioni – e per la ciliegina finale del voto condiviso con il Rassemblement National sulla Loi Immigration, poco prima di Natale.

Di fronte ad un consenso tra i più bassi della sua esperienza presidenziale, e a meno di sei mesi dalle Europee, Macron ha scelto di rifarsi il look scaricandola e ripartendo da Gabriel Attal. Non solo il più giovane Ministro della storia francese, ma, secondo un sondaggio di Ipsos di dicembre scorso, anche il politico “più apprezzato” al momento nel Paese. Una popolarità che potrebbe anche rivelarsi un’arma a doppio taglio: l’agenda presidenziale di Macron potrà ora permettersi meno fughe in avanti, con un premier maggiormente intenzionato a preservare la propria immagine (anche in vista delle Presidenziali 2027?). E l’appuntamento elettorale di giugno, con la sfida mediatica già costruita contro l’altro giovanissimo della politica francese, il presidente del RN Jordan Bardella, potrebbe essere già un colp…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.