Geopolitica e alta finanza: la biforcazione del potere militare e finanziario globale

Mimesis ha da poco ripubblicato il saggio di Giovanni Arrighi con la sociologa Beverly J. Silver dal titolo “Caos e governo del mondo. Come cambiano le egemonie e gli equilibri planetari”. Si tratta di un saggio del 1999 nel quale Arrighi, tra i padri della teoria del sistema-mondo, intuisce con un certo anticipo la crisi dell'egemonia statunitense attraverso l'osservazione delle transizioni di potere avvenute in passato. Grazie all’editore ne pubblichiamo un estratto in cui la dinamica del mutamento al vertice del potere globale viene analizzata attraverso l’intreccio di geopolitica e alta finanza.

Come si evince dalla prospettiva della geopolitica e dell’alta finanza, le tendenze principali che hanno caratterizzato la crisi degli Stati Uniti dal 1970 circa condividono molte somiglianze con le caratteristiche delle crisi egemoniche precedenti. Le crisi egemoniche passate hanno condiviso tre tendenze fondamentali: un’intensificazione della rivalità fra le grandi potenze, l’emergere di un nuovo centro di potere ai margini del raggio d’azione dello Stato egemonico in declino, e un’espansione del sistema finanziario imperniato sullo Stato egemonico in declino. Tutte e tre queste tendenze possono essere riconosciute nella crisi statunitense, anche se sono meno evidenti di quelle che avevano caratterizzato le crisi precedenti.

Questo offuscamento delle tre tendenze tipiche delle crisi egemoniche precedenti è legato al fatto che una di esse – l’espansione finanziaria del sistema – si è sviluppata ben più rapidamente e cospicuamente che in passato. Come abbiamo già notato, questo si è rivelato vero anche per l’espansione finanziaria guidata dalla Gran Bretagna rispetto all’espansione olandese, e può essere considerato un segno della progressiva intensificazione, da transizione a transizione, della natura capitalistica del sistema. Tuttavia, dietro la sorprendente velocità e dimensione dell’espansione finanziaria statunitense, possiamo riconoscere la stessa combinazione delle tendenze delle precedenti crisi egemoniche.

Negli Stati Uniti, in particolare, come avvenuto nelle crisi egemoniche passate, un’intensificazione della rivalità tra grandi potenze ha giocato un ruolo fondamentale nella trasformazione di una sovra-accumulazione di capitale in una espansione finanziaria. Come analizzeremo nel capitolo 2, tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, le multinazionali americane guidavano il processo di accumulazione del surplus di capitale nei mercati monetari extraterritoriali, processo che accelerò la crisi del sistema monetario controllato dagli Stati Uniti sancito a Bretton Woods. Per gran parte degli anni Settanta, però, questa tendenza non riuscì a invertire la caduta nei profitti da capitale. Un cambiamento positivo, sia per il capitale che per gli Stati Uniti, si ebbe quando la rivalità si intensificò nel corso di quella che Fred Halliday (1986) ha chiamato la “seconda guerra fredda”. Appena il governo americano cominciò a competere in modo …

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.