La chiamano Spacca-Italia e “secessione dei ricchi”. Ma il vero risultato dell’autonomia differenziata – almeno per ora – è stato ricompattare la sinistra, anche rispetto ai pezzi più sperduti ai margini della galassia. Da anni non si vedeva un fronte così unito sia sul piano civile sia, ancor più, su quello politico. Non vogliamo esagerare, ma ha di certo un sapore di novità l’unità di intenti nel contrastare il ddl Calderoli, nato dal patto scellerato tra la presidente del Consiglio Meloni, che brama il premierato, e il Salvini di bossiana memoria che ne sostiene l’antico progetto costi quel che costi in barba a ogni ragionevolezza, anche a rischio di esaurire quel bacino elettorale che si era faticosamente costruito a sud. Ma i meridionali stavolta non ci sono cascati: le acciaierie del Nord hanno ritrovato il loro primo motore nella Padania, insieme al “doge” di Venezia, Luca Zaia, che sogna la sua gondola d’oro piazzata a decorare le Grandi Navi tra i canali e piazza San Marco.
L’avvio della vicenda è stato lento e incerto: il Pd aveva contribuito largamente, nel 2001, a portare il Paese fino a questo risultato, non del tutto imprevedibile, col varo nel 2001 della cosiddetta riforma del Titolo V, con cui venne “costituzionalizzata” l’autonomia differenziata. Calderoli e sodali lo hanno sottolineato di recente nei propri interventi in aula, richiamando i dem che ora lo criticano e vantando il bollino di costituzionalità della sua riforma. La più avvertita in proposito è stata quella piccola parte della società civile che aveva subito subodorato i pericoli insiti nel progetto di un regionalismo avanzato.
In questi anni – almeno dalla gloriosa e misconosciuta vittoria contro il referendum Renzi-Boschi del 2016 – la società civile è stata spesso trascurata e abbandonata a sé stessa, tranne che in rare circostanze, sia sul piano di un possibile sostegno politico, che su quello dell’attenzione per le richieste dei diritti civili, le grandi questioni d…