Se l’autonomia differenziata fa un passo avanti, la sinistra ne deve fare due

Il ricompattamento delle forze di sinistra a contrasto dell'autonomia differenziata è finora l'unico evento positivo del nuovo anno, tra il peso della crisi economica e due tragiche guerre. Nell'arco parlamentare e non, Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra, Sinistra Italiana, Unione Popolare, Rifondazione comunista e PCI si sono schierati con i sindaci meridionali, i sindacati, la scuola, i medici e istituzioni di alto profilo: da Confindustria a Bankitalia, dalla Corte dei Conti allo Svimez, dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio alla Commissione Europea, passando per i vescovi della Cei.

La chiamano Spacca-Italia e “secessione dei ricchi”. Ma il vero risultato dell’autonomia differenziata – almeno per ora – è stato ricompattare la sinistra, anche rispetto ai pezzi più sperduti ai margini della galassia. Da anni non si vedeva un fronte così unito sia sul piano civile sia, ancor più, su quello politico. Non vogliamo esagerare, ma ha di certo un sapore di novità l’unità di intenti nel contrastare il ddl Calderoli, nato dal patto scellerato tra la presidente del Consiglio Meloni, che brama il premierato, e il Salvini di bossiana memoria che ne sostiene l’antico progetto costi quel che costi in barba a ogni ragionevolezza, anche a rischio di esaurire quel bacino elettorale che si era faticosamente costruito a sud. Ma i meridionali stavolta non ci sono cascati: le acciaierie del Nord hanno ritrovato il loro primo motore nella Padania, insieme al “doge” di Venezia, Luca Zaia, che sogna la sua gondola d’oro piazzata a decorare le Grandi Navi tra i canali e piazza San Marco. 

L’avvio della vicenda è stato lento e incerto: il Pd aveva contribuito largamente, nel 2001, a portare il Paese fino a questo risultato, non del tutto imprevedibile, col varo nel 2001 della cosiddetta riforma del Titolo V, con cui venne “costituzionalizzata” l’autonomia differenziata. Calderoli e sodali lo hanno sottolineato di recente nei propri interventi in aula, richiamando i dem che ora lo criticano e vantando il bollino di costituzionalità della sua riforma. La più avvertita in proposito è stata quella piccola parte della società civile che aveva subito subodorato i pericoli insiti nel progetto di un regionalismo avanzato.

In questi anni – almeno dalla gloriosa e misconosciuta vittoria contro il referendum Renzi-Boschi del 2016 – la società civile è stata spesso trascurata e abbandonata a sé stessa, tranne che in rare circostanze, sia sul piano di un possibile sostegno politico, che su quello dell’attenzione per le richieste dei diritti civili, le grandi questioni d…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.