Fatima e Aisha (nomi di fantasia) sono sedute sul divano di casa, nel campo profughi di Aida a Betlemme. Sorseggiano un tè mentre i figli giocano nella stanza accanto. “Sono venuta a vivere qui perché ho paura di dormire da sola a casa mia, ho paura che vengano i soldati, che distruggano tutto o che mi arrestino”, racconta Fatima mostrando le foto della sua casa, ormai vuota da ottobre. Il marito è stato arrestato un anno fa senza accusa né processo, la detenzione amministrativa gli è stata rinnovata ogni sei mesi, quando puntualmente veniva rimandata l’udienza. Sarebbe dovuto essere libero la seconda settimana di ottobre, ma dopo l’attacco del sabato 7, tutto è stato bloccato. Secondo l’associazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, Israele utilizza ormai abitualmente la detenzione amministrativa nei Territori occupati. Nel corso degli anni ha arrestato migliaia di palestinesi, rinchiusi nelle carceri israeliane per periodi che vanno da diversi mesi a diversi anni, senza mai formalizzare alcun capo d’accusa, né comunicare loro eventuali responsabilità penali, o ai loro legali, le presunte prove di reato. La detenzione amministrativa viene usata da diversi Paesi nel mondo, compresi alcuni paesi europei tra cui Grecia e Italia, nell’ambito delle politiche migratorie. L’ordinamento giuridico di Israele è caratterizzato da un parallelo sistema giudiziario attivo per i palestinesi dei Territori occupati che prevede che ogni comandante dell’esercito israeliano locale, possa diramare un ordine di detenzione amministrativa per ragioni non meglio precisate di “sicurezza nazionale”. I criteri su cui si fondano i provvedimenti sono di natura segreta e militare e rendono questa pratica giuridica sostanzialmente inappellabile e arbitraria.
“Non abbiamo più nessuna notizia di lui, non sappiamo se mangia, se beve, se sta bene, se l’hanno picchiato, non sappiamo se è vivo”, continua Fatima. Nella casa dove si trova adesso c’è anche sua sorella, da sola con i due figli. “Quando hanno arrestato Ali, mio marito, i bambini stavano dormendo con noi, hanno visto entrare i soldati e portarsi via il padre senza alcun motivo” racconta Aisha parlando del marito, anche lui in detenzione amministrativa nelle prigioni israeliane. “Da allora sono terrorizzati da qualsiasi rumore, se qualcuno bussa alla porta loro scappano in cucina. Ana, la mia figlia più piccola, non ha mai conosciuto il padre, è stato arrestato quando lei aveva tre mesi, è uscito quando aveva due anni e dopo due mesi è stato di nuovo arrestato. Ana non lo riconosce, non sa chi è. Mio figlio Aboud, invece, aveva sei anni durante il primo arresto del padre e ricorda tutto”. Dal 7 ottobre Israele ha avviato una campagna di arresti di massa, sono stati incarcerati circa 5.875 pa…