Putin, l’alfiere di una guerra capitalistica

Pubblichiamo un estratto dal libro “Capitalismo di sangue. A chi conviene la guerra” di Fabio Armao, pubblicato da Laterza a gennaio 2024. Qui, l’autore riflette su come l’invasione dell’Ucraina vada considerata, insieme con altri conflitti di questo tempo, come una conseguenza della globalizzazione fuori controllo; essa si inserisce nel filone delle ‘nuove guerre’, che vedono protagonisti – insieme alle forze armate tradizionali – mercenari, terroristi, mafiosi e nelle quali la logica privatistica del mercato si fa gioco delle ideologie. Un quadro nel quale Putin rappresenta l’alfiere di una guerra in tutto e per tutto capitalistica.
EPA/ANSA - Irpin, agosto 2023.

A cent’anni esatti dall’avvento del fascismo, discrimine tra due guerre mondiali, l’aggressione della Russia di Putin all’Ucraina sembra aver riportato il mondo sull’orlo di un nuovo conflitto globale. Un ricorso storico già di per sé inquietante – perché sembra confermare la ciclicità e, quindi, l’inevitabilità delle grandi guerre – che viene ulteriormente rafforzato dalla pretesa di spiegare gli eventi odierni con le categorie di allora: la politica di potenza, l’imperialismo, i nazionalismi. Un errore di interpretazione dovuto a una certa pigrizia intellettuale, ma che potrebbe rivelarsi fatale. E non in senso metaforico: la prima differenza rispetto al secolo scorso, impossibile da ignorare, è che oggi il pianeta potrebbe non sopravvivere a una guerra mondiale.

Insomma, dovremmo ormai avere imparato che ogni guerra è destinata, sempre, a produrre macerie fisiche, economiche e sociali. Potremmo dire che è concepita per sottoporre alla prova più estrema (e cinica) la distruzione creatrice del capitalismo, la sua mitizzata capacità di trasformare qualunque crisi in fattore di rinascita: l’annientamento programmato e sistematico di quanti più individui possibile, insieme ai loro manufatti e alle loro città come stress test per il mercato.

E la politica non è da meno: ogni guerra è una scommessa giocata dai governi a spese delle vittime, militari e civili. Una scommessa tutto sommato facile perché, che si vinca o che si perda, non è mai chi ha fatto la puntata a rimetterci la vita. Il conflitto in Ucraina, tuttavia, ha raggiunto un livello di azzardo senza precedenti. Lo dimostrano non tanto le ripetute minacce di ricorrere, se costretti, all’uso dell’arma atomica; quanto, ad esempio, i continui bombardamenti nell’area della centrale nucleare di Zaporizhzhia.

Ogni missile che esplode nelle sue immediate vicinanze è come un colpo a vuoto nel tamburo della pistola puntata contro l’intero pianeta, ma se anche uno so…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.