La strega è la donna che ha osato conoscenza e libertà

La marginalità fisica, sociale e psicologica ha segnato la condizione delle cosiddette streghe, spesso abitatrici di luoghi selvatici, lontani dalle comunità, immerse nella natura di cui conoscevano i segreti e le energie, esperte nella manipolazione di erbe e prodotti della terra. Punite perché libere, sole, spesso perché anziane, ma soprattutto perché forti delle loro conoscenze, considerate "malefiche" in quanto indipendenti dai precetti e dalle proprietà.

Meritavano un premio. L’ebbero.
Le compensarono con torture e roghi.
S’escogitarono appositi supplizi, inediti strazi.
Venivano giudicate in massa e condannate per una parola.
Mai ci fu più spreco di vite umane.

Jules Michelet, La strega

Il 13 giugno 1782, in Svizzera, in piena età illuministica e pochi anni prima della Rivoluzione francese, venne “giustiziata con la spada” l’ultima donna considerata una strega: si chiamava Anna Gӧldi.
La sua vicenda ripropone il solito schema dei processi per stregoneria: le accusate erano spesso donne e serve, a volte abusate sessualmente dai datori di lavoro, magari con figli illegittimi dei cui decessi (altissimo era il tasso di mortalità infantile) erano ritenute responsabili.
Messa incinta da Jakob Rhoduner e poi da Johann Melchior Zwicky, Gӧldi ebbe due figli, il primo dei quali morì: accusata di infanticidio, fu condannata a sei anni di domiciliari. Nel 1780 venne assunta come domestica presso un’influente famiglia del notabilato glaronese e iniziò una relazione sessuale con Johann Jakob Tschudi: per timore dello scandalo, quest’ultimo, noto magistrato, imbastì una trama finalizzata a neutralizzarne l’eventualità, accusando la donna di aver avvelenato la figlia. Nonostante si proclamasse fino all’ultimo innocente, la donna fu decapitata nella pubblica piazza di Glarona.
Il 27 agosto 2008, a più di 226 anni dall’esecuzione, il parlamento cantonale della città l’ha finalmente riabilitata, riconoscendola vittima di un “assassinio giudiziario”. Benché formalmente accusata di   avvelenamento, Anna Gӧldi rappresenta l’ultima di una lunga schiera di processate per stregoneria e che hanno pagato con la vita la loro condizione di esposizione alla calunnia perché donne.

La prima a essere bruciata fu Petronilla de Meat, giustiziata a Kilkenny, in Irlanda. Anche in questo caso si trattava di una serva, anche in questo caso si trovò casualmente invischiata in situazioni della famiglia in cui lavorava e anche in questo caso fu oggetto di misoginia e di classismo. Accusata di eresia e stregoneria, pubblicamente fustigata e torturata, venne arsa viva sul rogo il 3 novembre 1324. Un secolo dopo iniziava ufficialmente quella forma di isteria collettiva, in cui agirono fanatismo, intolleranza e oscurantismo religioso, che fu chiamata caccia alle streghe.

Gli storici concordano nell’inserire tale fenomeno all’interno di un arco temporale che va dal XV al XVIII secolo, quindi non nel Medioevo ma in età moderna, in pieno splendore umanistico-rinascimentale, il periodo, cioè, della rinascita culturale e artistica, dell’esaltazione dell’uomo artefice del proprio destino, del prevalere della dimensione attiva su quella meramente contemplativa, della laicizzazione del sapere, seguito dalla rivoluzione scientifica e poi da quella corrente, l’Illuminismo, che avrebbe dovuto liberare gli esseri umani dalle tenebre della superstizione. Come scrive Guy Bechtel, la strega è stata una vittima dei moderni, non degli antichi.

L’area di interesse europea, come ricorda Brian P. Levack nel suo solido La caccia alle streghe in Europa, va dalla Scozia alla Transilvania, dalla Spagna alla Finlandia, con punte intensissime in Germania, da cui partì, e in Svizzera, ma oggi si tende a studiarne le forme anche nel continente africano oltre che a ricordare quel…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.