L’Europa profonda

Ancor più che sostentamento nutritivo, i contadini forniscono al capitalismo globale un supporto ideologico. Nella sua astratta dimensione finanziaria, il capitalismo globale ha bisogno di elementi che ne ancorino al suolo il consenso, almeno quel tanto che è indispensabile a governare le forme Stato nazionali. Non hanno bisogno tanto dei voti di quel 2% della popolazione, né dell’apporto economico di quel 2% del pil, quanto della “comunità immaginata” che si crea intorno alla patata, all’acino d’uva o all’asparago bianco.

Lo so che la politica agricola non accende gli animi e non fa palpitare i cuori. Ma quel che è successo in Europa costituisce il miglior manuale di scienza politica che sia possibile studiare, perché è un trattato di scienza politica reale – just in time per il XXI secolo. E non solo perché quella a cui abbiamo assistito è una delle rare proteste vittoriose di questi decenni, e neanche perché a protestare è uno dei ceti più benestanti, più protetti e più sovvenzionati del pianeta (e forse le due cose non sono sconnesse). E neanche perché la vittoria è consistita nel riaffermare il proprio diritto ad avvelenare acqua, terra e aria (e forse le tre cose sono connesse). E neanche per la straordinaria remissività e munificenza dei governi nazionali e dell’Unione europea di fronte alle proteste (la quattro cose sono scollegate?). Gli insegnamenti vanno ben oltre. Ma cominciamo dai fatti.

L’ultima tornata di protesta degli agricoltori è partita in Germania il 18 dicembre scorso, quando 8-10.000 dimostranti su 3.000 trattori hanno bloccato la porta di Brandeburgo a Berlino: le manifestazioni sono poi proseguite nella capitale e in tutta la Germania per tutto il mese di gennaio, quando anche i contadini francesi hanno manifestato, fino a proclamare il 29 gennaio l’“assedio di Parigi” bloccandone le autostrade di accesso. Proteste simili si sono avute tra gennaio e febbraio in Spagna, Cechia, Romania, Italia, Grecia, complessivamente in 12 paesi dell’Unione europea. La protesta tedesca era stata innescata dalla Corte costituzionale, il vero baluardo dell’ordoliberismo in Germania, che il 23 novembre aveva vietato al governo di coalizione “…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.